Vini e Distillati: quattro bottiglie d’eccezione per veri “connaisseurs”

Da uno dei 12 vini migliori al mondo a un rarissimo cognac che risale agli inizi del 1800, quattro bottiglie imperidibili per veri appassionati di Vini e Distillati.

Il dipartimento di Vini ha selezionato quattro bottiglie assolutamente imperdibili dell’asta del 30 marzo: tra i 400 i lotti proposti infatti spiccano alcune proposte eccezionali: un Brunello Biondi Santi Riserva 1955, considerato uno dei 12 migliori vini del XX Secolo da Wine Spectator, uno degli champagne più ricercati degli ultimi anni, Jacques Selosse Millésime 2008, un rarissimo cognac Grande Vieille Reserve Premier Empire, e il Red Ribbon, Macallan che vanta oltre 40 anni di invecchiamento.

Biondi Santi Riserva 1955

Una Riserva mitica di Biondi Santi, l’inventore del Brunello di Montalcino. Il 1955 è stato giudicato da Wine Spectactor come uno dei 12 migliori vini del XX Secolo, tra l’altro unico vino italiano presente nella lista. Il rabbocco da parte del produttore – con certificato datato 2001 – rende questo esemplare ancora più interessante e in condizioni di conservazioni strepitose.

Biondi Santi Riserva 1955 – ricolmata nel 2001, base d’asta € 1.500

Jacques Selosse Millésime, 2008

La produzione di Selosse, in Champagne, si contraddistingue per la grande personalità e le metodologie fuori dagli schemi. La produzione è biodinamica (non certificata per mantenere una certa flessibilità), uso del legno per la fermentazione e una gamma produttiva eclettica sono alcune delle cifre di Selosse. Per citare un esempio iconico, il Substance è una cuvée che prevede l’utilizzo del metodo Solera.

Il Millésime ècprodotto solamente nelle migliori annate dalle uve provenienti dai vigneti di Le Mont de Cramant e Les Chantereines. Lo stile molto integro del produttore non ammette scale di grigi e di conseguenza gli Champagne Selosse dividono: o si amano, o si odiano. Una cosa è però evidente. Gli Champagne di Selosse sono sempre più ricercati e l’analisi dei prezzi di mercato parla chiaro: negli ultimi 5 anni il prezzo dei Selosse Millésime ha subito un incremento dei prezzi medi di mercato da circa 500 € a oltre 2.000 € a bottiglia.

Jacques Selosse Millesime, 2008, base d’asta € 1.800

Caves de l’Hotel de Paris Grande Vieille Reserve Premier Empire Cognac

Il “Premier Empire” veniva imbottigliato in particolari occasioni per i clienti dell’Hotel de Paris Monte Carlo. Prodotto nelle Caves dell’Hotel, prende il nome da una botte di cognac che originariamente sembra contenesse al suo interno parti di distillato prodotte proprio durante il periodo del primo impero (1804-1814). Seguendo un processo simile alla produzione del “Perpetuo” la botte non venne mai svuotata completamente dal suo contenuto, bensì rabboccata con nuovi parti di cognac a ogni imbottigliamento.

Ne consegue che parte del distillato contenuto in questa bottiglia risalirebbe ai primi 15 anni del 1800, periodo d’oro di Napoleone. Dal contenuto in centilitri, e data l’assenza di numerazione in etichetta (propria di imbottigliamenti più recenti), il periodo di imbottigliamento di questo esemplare è stimato intorno agli anni ’60 del XX secolo.

Caves de l’Hotel de Paris Grande Vieille Reserve Premier Empire Cognac, base d’asta € 500

Macallan 1940 Red Ribbon, 1940

Gli imbottigliamenti Macallan “Red Ribbon” sono considerati tra i più rari rilasciati dalla distilleria delle Highlands. Sono anche tra i primi imbottigliati direttamente dalla distilleria, che era solita appoggiarsi a imbottigliatori indipendenti (come Cambpell & Hope e Gordon & Machpail). Il nome di uso comune tra gli appassionati e collezionisti deriva dall’elegante nastro rosso che abbraccia la bottiglia, racchiuso da un sigillo in ceralacca. Distillato nel 1940 e imbottigliato nel 1981, oltre 40 anni di invecchiamento in botte: un lunghissimo riposo non comune per il mondo dei Whisky. Altra chiccha è l’etichetta scritta a mano, che insieme al nastro sottolineano la rarità dell’imbottigliamento. Bottiglie ovviamente limitate e numerate.

Macallan 1940 Red Ribbon, 1940, base d’asta € 5.000

L’asta in programma per il prossimo 30 marzo proporrà una selezione delle migliori etichette italiane e francesi, grandi champagne e distillati rari e prestigiosi: sfoglia il catalogo e registrati per partecipare.

Robert Frank, l’eccezionale semplicità della vita ordinaria

Frank è riuscito a dare vita a un nuovo modo di fare fotografia influenzando con i suoi “scatti rubati” qualsiasi fotografo arrivato dopo e dando un’impronta inconfondibile al suo stile, fatto della semplice e pura realtà.

Le vere difficoltà non risiedono nell’avere un ideale o una visione prima degli altri, ma nel perseverare nel loro raggiungimento e compimento tra mille difficoltà. Il fotografo Robert Frank (Zurigo 1924 – Inverness 2019), per esempio, ha avuto una visione: un reportage di sole fotografie a testimoniare la “vera” America. Nessun testo, nessuna immagine edulcorata, post-prodotta, simil pubblicitaria, solo la nuda verità in un bianco e nero contrastato, che potremmo definire nudo e crudo.

ROBERT FRANK, Look out for hope, Mabou, 1979, stima € 5.000 – 6.000

Per dare luce alla sua idea, Frank ottiene una borsa di studio dalla Guggenheim. In un anno, 1955-1956, attraversa quarantotto stati, non trovando in America un editore che riconosca la validità del progetto e torna quindi in Europa, dove finalmente riesce a stampare “Americans”. 

Frank è riuscito a dare vita a un nuovo modo di fare fotografia influenzando con il suo occhio e i suoi “scatti rubati” qualsiasi fotografo arrivato dopo e dando un’impronta inconfondibile al suo stile, fatto della semplice, dura e pura realtà.

Una cifra stilistica che il fotografo svizzero ripropone in tutti i suoi lavori successivi, anche quelli su commissione, per esempio per un marchio di moda come Aspesi. Da uomo che ama la spontaneità, la vita vera, rifugge la bellezza canonica e invita uomini e donne di qualsiasi età incontrati nei suoi viaggi a indossare i cappotti che Aspesi gli ha fornito per la campagna pubblicitaria

ROBERT FRANK, Aspesi, 1995, 30 polaroid montate in piccolo quaderno, stima € 15.000 – 20.000

Compone così non un semplice mock-up pubblicitario, ma un vero diario di viaggio e di ricordi, su cui prendere appunti o dipingere con lo stencil sulle fotografie le lettere che compongono il nome del marchio. 

La semplicità negli sguardi delle persone ritratte, a volte stupite, a volte divertite per l’essersi ritrovate “modelli per caso”, dà un valore unico a queste foto di “moda”. Sono foto che respirano perché reali, scatti che chiunque di noi avrebbe potuto scattare in occasione di una scampagnata tra amici o parenti, al nonno a riposo durante i lavori nell’orto, al vicino che ripara un tetto… situazioni semplici a noi vicine e per questo uniche come unica è la vita, bella di suo, senza necessità di orpelli, luci o make-up. 

Robert Frank si dimostra un testimone unico della vita ordinaria, ma speciale nella sua ordinarietà.

ROBERT FRANK, Aspesi, 1995, 30 polaroid montate in piccolo quaderno, stima € 15.000 – 20.000

L’asta del 16 marzo propone 250 scatti dei grandi nomi della fotografia del XX secolo: un catalogo eccezionale che raccoglie, tra le altre, anche opere di Luigi Ghirri, Franco Fontana, Gabriele Basilico, Irving Penn, Gregory Crewdson e Robert Frank.

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Gregory Crewdson: immagini in bilico tra giallo e thriller

Per colpire i potenziali lettori gli editori sono da sempre impegnati nella ricerca della copertina perfetta, e il binomio tra il fotografo americano e Joël Dicker sembra essere un best-seller in Italia

Il mondo dell’editoria in Italia è vivo. Il mondo dell’editoria in Italia è morto. Periodicamente queste due grida si alternano su quotidiani e tg del nostro Belpaese. Ciò che è certo è che basta entrare in una qualsiasi libreria e, a dispetto dei (presunti) pochi lettori in Italia, si continua a stampare e a pubblicare libri a ritmo serrato in un settore in cui la concorrenza è di conseguenza sempre più alta. 

Per colpire il potenziale lettore, gli editori e soprattutto i grafici sono impegnati nella ricerca della copertina giusta, dell’immagine perfetta quel connubio tra titolo e immagine che contribuisce a rendere un titolo un best-seller.

Sicuramente una delle accoppiate vincenti degli ultimi anni è stata quella, individuata dalla Bompiani, tra le fotografie dell’americano Gregory Crewdson e i romanzi dello svizzero Joël Dicker.

Le immagini di Crewdson, dal taglio cinematografico, catturano figure bloccate in una fermezza  innaturale, eccessiva, perennemente in attesa di un evento che le sblocchi permettendo loro di tornare a muoversi e di uscire da situazioni che sembrano alquanto paradossali. Donne e uomini circondati da sfere colorate o da fiori, immersi in salotti colmi d’acqua o semplicemente circonfusi di fasci di luce alieni, sono le perfette rappresentazioni delle narrazioni in bilico tra giallo e thriller di Dicker.

I personaggi dello scrittore sono descritti con una scrittura ricca e dettagliata, immersi in situazioni al limite in cui la rappresentazione psicologica e i dialoghi giocano un ruolo importantissimo per lo sviluppo delle narrazioni in cui il lettore , spesso, è invitato a cogliere anche il non detto.

GREGORY CREWDSON, Production Still, 2003 – Venduto per 5000€

Proprio come nelle immagini di Crewdson in cui quello che non compare nell’inquadratura ha la stessa importanza, se non di più, di quello che vi si vede. Per esempio ne Il caso di Alaska Sanders tutto sembra prendere avvio da un caso di omicidio velocemente risolto, ma è solo apparenza e la situazione si dimostra molto più complessa e articolata come lo scatto Production Still di Gregory Crewdson, del 2003, scelto per la copertina dell’edizione italiana. Una stazione di servizio, illuminatissima, una bicicletta abbandonata malamente ad un ingresso, due persone che si fronteggiano, un universo, una storia, un’immagine/romanzo. Crewdson/Dicker un binomio da best-seller in Italia

GREGORY CREWDSON, Production Still, 2003 – In asta il prossimo 16 marzo

L’asta del 16 marzo propone 250 scatti dei grandi nomi della fotografia del XX secolo: un catalogo eccezionale che raccoglie tra le altre anche opere di Luigi Ghirri, Franco Fontana, Gabriele Basilico, Irving Penn, Robert Frank (oltre a Gregory Crewdson ovviamente).

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Donne Fotografe: 5 scatti al femminile selezionati dal catalogo della prossima asta

Cinque donne che hanno contribuito all'evoluzione della storia della fotografia internazionale dagli anni Sessanta a oggi: da Lisetta Carmi a Shirin Neshat

Dopo essersi confermato leader in Italia nel 2022, il Dipartimento di Fotografia di Finarte presenta la prima vendita dell’anno, dedicata ai grandi nomi nazionali e internazionali.

Tra i lotti proposti, oltre 250, spiccano alcuni importanti nomi femminili che hanno contribuito con le loro opere all’evoluzione della fotografia dalla metà del XX secolo a oggi.

Karen Knorr

Lotto 25 / Karen Knorr, The Winds of Change, dalla serie “Metamorphoses”, 2014

Tedesca di nascita ma formatasi fra Londra e Parigi, la giovane fotografa Karen Knorr si è affermata per la sua capacità di coniugare realtà e fantasia, di ironizzare sulla seriosità delle tradizioni e alludere all’incanto che suscita la natura. Nell sua ricerca “Metamorphoses” l’apparizione improvvisa di animali all’interno di eleganti e spesso sfarzosi interni architettonici mette a confronto natura e cultura ma, a ben guardare, anche realtà e sogno, classicità e provocazione, fotografia analogica e tecnologia digitale.

Loretta Lux

Lotto 105 / Loretta Lux, Troll 1, 2000

Loretta Lux è celebre per le sue fotografie in cui ritrae bambini che appaiono imperscrutabili, in bilico tra consapevolezza e innocenza: spesso figli di amici e di età compresa tra i due e i nove anni, la Lux altera poi le immagini utilizzando Photoshop, per conferire loro un’apparenza quasi ultraterrena e ambientando il ritratto in atmosfere fiabesche.

Shirin Neshat

Lotto 149 / Shirin Neshat, “Rapture” series, 1999

Shirin Neshat utilizza la fotografia e il video per approfondire i temi del femminismo, della religione, dell’identità, dell’esilio e della storia culturale del suo paese d’origine, l’Iran. “Rapture” è un’indagine allegorica sugli effetti della legge islamica sulle politiche di genere: Neshat affronta gli stereotipi collocando gli uomini in una fortezza architettonica e strutturata e le donne in un deserto naturale e selvaggio, lasciando lo spettatore posizionato tra queste dicotomie.

 

Sabine Weiss

Lotto 170 / Sabine Weiss, Senza titolo, anni 1990

Sabine Weiss, la ragazza che si comprò la sua prima fotocamera con i soldi della paghetta e che dalla Svizzera giunse a Parigi per rimanerci, divenne in seguito una delle più eminenti rappresentanti della Photographie Humaniste grazie anche al suo personale stile lineare, pulito e antiretorico.

 

Lisetta Carmi

Lotto 217 / Lisetta Carmi, Dalla serie “I travestiti”, 1965/1971

Giovane donna della buona borghesia ebraica, Lisetta Carmi, impegnata nello studio del pianoforte, scappò da Genova a causa delle persecuzioni razziali. Si esibì poi in tutto il mondo e quando tornò in Italia scoprì la fotografia come strumento di conoscenza e di approfondimento sociale: celebri sono le sue serie dedicate a quella che oggi definiremmo la “scena LGBTQ” della sua città natale.

L’asta del 16 marzo propone 250 scatti dei grandi nomi della fotografia del XX secolo: un catalogo eccezionale che raccoglie opere anche di Luigi Ghirri, Franco Fontana, Gabriele Basilico, Gregory Crewdson, Irving Penn, Robert Frank e molti altri.

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Simbologia, significati e rappresentazioni: l’arte del Sud Est Asiatico

Una raffinata selezione di sculture e oggetti cerimoniali andranno in asta il prossimo 8 marzo a Milano

Carica di simbologia, significati reconditi e innumerevoli rappresentazioni, l’arte del Sud Est Asiatico ha sempre trovato consenso nel gusto dei grandi connoisseur europei. 

Grazie ad un’affascinante dicotomia che, in particolare nell’arte votiva, ha visto mescolarsi i canoni induisti con quelli buddisti, si è arrivati ad una raffinatissima produzione di sculture e oggetti cerimoniali, che possiedono una forza intrinseca sia spirituale che decorativa.

Grande scultura in bronzo dorato raffigurante Vishnu-Rama. Thailandia, secolo XX
Lotto 6 / Grande scultura in bronzo dorato raffigurante Vishnu-Rama. Thailandia, secolo XX

Vishnu è considerato il protettore dell’universo nell’induismo: compie la sua missione assumendo varie incarnazioni o avatar, come Rama e Krishna, per ristabilire l’equilibrio e sconfiggere il male. Viene raffigurato con quattro braccia, tutte disposte al di sopra dei fianchi, la mano anteriore destra è alzata nel saluto regale, mentre nelle altre reca, come attributi, la mazza, la ruota e la conchiglia.

Lotto 22 / Grande Buddha in bronzo. Laos, inizio secolo XX – Lotto 74 / Testa di Buddha. Birmania, secolo XIX

Nelle prime sculture, Buddha non era rappresentato in forma umana ma attraverso simboli. Solo attorno al I secolo d.C., in India cominciarono a emergere immagini di Buddha con caratteristiche umane, fortemente influenzate dalle statue romane, conoscenze rese possibili dalle rotte commerciali che collegavano l’Oriente con l’Occidente.

Queste sculture si concentrarono su un’immagine ideale del Buddha, combinando tratti semplici, come i piccoli ricci dei capelli con forme più lussuose, come i drappeggi ispirati dalla scultura gandhariana

In tutte le regioni del sud est asiatico, le sculture del Buddha venivano utilizzate per ricordare episodi specifici dei suoi viaggi e insegnamenti. Come le sculture gandhiane e indiane, quelle del Laos e della Thailandia includono spesso un usnisa (protuberanza nella parte superiore del cranio), con un’espressione serena del viso. Sono comuni anche i lobi delle orecchie allungati, che richiamano l’attenzione sulla rinuncia del Buddha a una vita principesca e ai beni materiali.

Immagine: lotto 22, Grande Buddha in bronzo. Laos, inizio secolo XX / lotto 74, Testa di Buddha. Birmania, secolo XIX

Lotto 73 / Scatola “Hsun-ok” porta offerte. Birmania, secolo XIX

Gli hsun-ok sono dei contenitori tradizionali che venivano impiegati per le offerte al Buddha e alla comunità dei monaci: venivano collocati su un altare, ai lati dell’immagine del Buddha e in essi venivano depositati doni di fiori, frutta e incenso. Questi contenitori erano frequentemente realizzati in legno di bambù e lacca: la laccatura rappresentò infatti un’importante attività artigianale in Birmania per molti secoli. 

La lacca birmana è conosciuta per le superfici incise e per l’aggiunta di intarsi in vetro colorato (soprattutto vermiglio) e foglia d’oro. Un esemplare molto simile a questo offerto in asta è parte della collezione del British Museum.

L’asta dell’8 marzo propone sculture, bronzi, vasi e preziosi oggetti tradizionali della cultura orientale in un catalogo che raccoglie oltre 80 lotti per collezionisti e appassionati di Arte Asiatica.

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Orologi e andamento del mercato: è il momento di comprare o vendere? 

Orologi Vintage, Marchi Indipendenti e Hype Watches: vendere o comprare? I consigli di Alessio Coccioli, Senior Specialist del Dipartimento.


I micro trend del mercato

La questione è storicamente di difficile interpretazione per qualsiasi genere di bene, sia in ottica collezionistica che di investimento. Come sempre in questi casi, una risposta univoca non è mai la più intelligente, ma bisogna saper interpretare i micro trend del mercato per raccoglierne le migliori opportunità.

Per gli orologi da collezione, il 2022 ha segnato due “ere” molto distinte e per tantissimi versi opposte: una prima parte di anno segnata da una grande frenesia di acquisto e speculazione, una seconda parte segnata da una maggiore prudenza e contrazione. Questi due andamenti sono stati particolarmente evidenti per gli orologi moderni e contemporanei, mentre per quelli vintage le reazioni del mercato sono state più equilibrate e stabili.

Credo che con il passare del tempo questa evoluzione porterà ad una diminuzione dei player coinvolti nel settore, cosa che personalmente reputo positiva, in particolar modo riferendomi alle figure dei cosidetti “flippers”, ovvero commercianti di nuova generazione che attuano compravendite molto aggressive e veloci, per generare margini ridotti ma in brevissimo tempo. Andiamo ora a delineare qualche specifica prospettiva di mercato per tipologia di prodotto. Premetto che alcuni consigli potrebbero sembrare controcorrente, ma la storia del collezionismo di orologi ci ha sempre insegnato che quello che in un determinato momento storico appare trascurato, potrà un giorno essere molto richiesto, e che le migliori performance a livello di investimento sono state fatte comprando orologi fuori dai radar al momento giusto.

Orologi vintage di marchi da appassionati: è ora di comprare!

Andando contro le dinamiche di mercato più evidenti, credo che acquistare in questo momento brand come Longines, Universal Genève, Eberhard (…), sia un’ottima scelta: le quotazioni sono generalmente molto più contenute rispetto al recente passato, e si possono fare acquisti davvero furbi. Gli orologi rari lo saranno ancora di più in futuro, e il mercato non potrà che premiare questa variabile; chiaramente in quanto orologi d’epoca le condizioni e la coevitá sono elementi imprescindibili da valutare.

Universal Genève Compur, anni ‘40. Venduto a € 9.450, giugno 2022

Orologi di marchi indipendenti che hanno subito una grande rivalutazione negli ultimi mesi: è ora di vendere.

Se l’orologeria proposta dai brand indipendenti è sicuramente una delle strade future del collezionismo di orologi, con dinamiche di mercato per molti versi simili a quelle dell’arte contemporanea, ci sono delle maison come F.P. Journe, De Bethune, Voutilainen (…) che hanno visto le loro quotazioni arrivare a delle cifre davvero impensabili. In questo caso, puramente in un’ottica di investimento e non collezionistica, credo sia scelta opportuna pensare di mettere in vendita alcuni pezzi, volgendo la propria attenzione verso altri marchi -al momento- fuori dall’interesse del grande pubblico.

Orologi neo-vintage di marchi importanti storicamente sottostimati dal mercato:  è ora di comprare!

Ci sono delle maison a cui non manca davvero niente per far parte del gotha degli orologi più ricercati. Manifattura, storia, numeri di produzione ridotti… penso nello specifico a Breguet e Vacheron Constantin. Ci sono dei modelli, in particolar modo tra gli anni 90 e i 2000, che offrono delle opportunità di acquisto a mio avviso irripetibili, il cui valore in futuro non potrà che crescere. Da evidenziare in particolar modo gli orologi complicati (calendari, tourbillon, ripetizioni…).

“Hype” watches: è ora di vendere.

Come detto, nella prima parte di 2022 si è assistito a una grande frenesia di acquisto, dovuta al fatto che un numero elevatissimo di persone, spostando capitali da altri canali di investimento più rischiosi, si sono concentrate sull’acquisto di orologi. Non essendo in linea di massima esperte del settore, la loro attenzione si é rivolta a un numero molto ristretto di marchi e modelli (in particolar modo referenze sportive in acciaio Rolex, Patek Philippe e Audemars Piguet), provocandone un aumento esponenziale delle loro quotazioni; adesso, a fenomeno speculativo terminato, queste sono in deciso calo, e a mio bisognerebbe saper uscire da questo investimento nel momento opportuno.

Audemars Piguet Royal Oak Calendario Perpetuo 25654ST, anni ‘90
Venduto € 118.580, giugno 2021

Finarte acquisisce Czerny’s

Si consolida una fusione che mira all’espansione dell’offerta della casa d’aste sul mercato internazionale attraverso l’acquisizione di una delle più importanti realtà in Europa nel settore delle Armi Antiche e della Militaria.

Siamo orgogliosi di comunicarvi che da oggi, Finarte e Czerny’s consolidano una partnership iniziata un anno fa, attraverso l’acquisizione della casa d’aste di Sarzana, una delle più importanti realtà in Europa nel settore delle Armi Antiche e della Militaria.

Una nuova rilevante acquisizione per Finarte, dopo Minerva nel 2017: la nostra casa d’aste punta ad espandersi ed ampliare l’offerta dedicata ai propri clienti, avvicinandosi alle esigenze di un pubblico sempre più connesso, consapevole e internazionale.

Finarte ha saputo dalla sua rinascita mantenere un tasso di crescita molto elevato, guidata dall’ambizione di riconquistare la leadership storica tra le case d’aste italiane. Ora, l’ingresso di Czerny’s nel Gruppo rafforza questo percorso e pone le basi per un nuovo ciclo di sviluppo. Guardiamo necessariamente all’internazionalizzazione di tutta la nostra offerta. Czerny’s è in questo un esempio assoluto, un’eccellenza che rispettiamo e intendiamo proteggere e coltivare. Per questo Czerny’s continuerà a operare in totale continuità e autonomia. Non sottovalutiamo le sinergie tra le due aziende, ma è l’adozione delle reciproche ‘best practices’ l’obiettivo strategico di questa unione.

Vincenzo Santelia
Amministratore Delegato di Finarte

Czerny’s è dal 1999 un punto di riferimento per esperti e collezionisti di Armi Antiche, un ramo di nicchia che comprende armi bianche o da fuoco, armature, elmi, documenti e militaria. È un caso unico in Italia e una realtà con un nutrito pubblico di clienti affezionati in tutta Europa e nel mondo: la casa d’aste entra a far parte del Gruppo Finarte con grande ottimismo e fiducia nell’espansione del business.

Micheal Czerny, Presidente e fondatore, dichiara:

“Siamo molto lieti di comunicare a tutti i nostri clienti e collaboratori che Czerny’s entra a fare parte del prestigioso Gruppo Finarte, una realtà unica e in forte espansione nel mercato italiano ed europeo. I collezionisti affezionati alla nostra casa d’aste troveranno la stessa dedizione e professionalità che ha da sempre contraddistinto la Czerny’s anche in tutti i dipartimenti di Finarte, e sarà nostro piacere assistere e consigliare i nostri clienti nel presentare i loro importanti lotti o collezioni ai nuovi dipartimenti.”

La Czerny’s International Auction House rimarrà nella sede storica di Sarzana, cittadina medievale nel cuore della Lunigiana, il personale lavorerà a stretto contatto con il team di Finarte ma continuerà ad essere operativo e disponibile in sede per tutti coloro che negli anni si sono affidati a Czerny’s per vendere o comprare. Il proposito dell’acquisizione è quello di essere sempre più vicini alle esigenze della clientela, sia dal punto di vista dell’offerta che sul piano logistico: Sarzana, dopo Milano e Roma, diventerà una terza sede istituzionale anche per Finarte, dove i collezionisti potranno portare con facilità i loro beni per valutazioni gratuite e confidenziali.

Le prime aste in calendario si terranno a dicembre, nella sede di Sarzana.

Giovedì 15 dicembre – Armi Antiche del Sud Est Asiatico
Venerdì 16 dicembre – Importanti Armi Antiche da Tutto il Mondo

Il valore storico di un facsimile: la Bibbia di Borso d’Este

Il valore di un facsimile è legato alla sua storia e a ciò che racconta di un determinato momento storico e, nel caso della Bibbia di Borso d'Este, la vicenda è tutta da scoprire.

 

«La ricchezza ha un’alta funzione sociale da compiere; essa […] non deve essere considerata fine a se stessa […] ma mezzo per raggiungere nobili fini». 

Giovanni Treccani

 

Nel giugno 2021, un esemplare unico del facsimile della Bibbia di Borso d’Este, donato dal senatore Giovanni Treccani al Re Vittorio Emanuele III, è stato battuto in asta a Roma per 14.000 €.

BORSO D’ESTE, Facsimile fotografico della Bibbia di Borso d’Este, 1930. Venduto a 14.000 € nel giugno 2021, Asta di Libri, Autografi e Stampe

Il valore di un facsimile è legato alla sua storia e a ciò che racconta di un determinato momento storico e, nel caso della Bibbia di Borso d’Este – il codice miniato più celebre del Rinascimento, la cui versione originale del si trova alla Biblioteca Estense di Modena – è quello di aver celebrato la missione di un industriale nei confronti delle arti e dell’impegno civile: Giovanni Treccani acquistò il manoscritto per 3 milioni di franchi, l’equivalente di 4 milioni di euro di oggi, donandolo allo Stato Italiano.

La storia della Bibbia di Borso d’Este

Taddeo Crivelli, incipit dell’Ecclesiaste, Bibbia di Borso d’Este, vol. I, Lat. 422 = ms. V.G. 12, c. 280v

La Bibbia era passata dagli Este ai Borbone quando Maria Beatrice Ricciarda d’Este divenne moglie dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo nel 1763. Nel 1918 l’ultimo proprietario, Carlo I, dopo la prima guerra mondiale lasciò l’Austria per andare in esilio in Svizzera, portando con sé la Bibbia. La vedova decise di mettere in vendita il codice, affidandolo a un libraio parigino, Gilbert Romeuf.

Nelle settimane nelle quali De Marinis e Gentile vengono a sapere della possibilità di acquistare la Bibbia, Treccani aveva proposto al Governo, e in particolare allo stesso Gentile, la costituzione di una fondazione che avrebbe dovuto essere dedita all’incremento degli studi scientifici.

Il Ministro della Pubblica Istruzione propone all’industriale di sfruttare i fondi destinati alla fondazione, per l’acquisto della Bibbia di Borso d’Este: nel corso di un’asta pubblica Giovanni Treccani acquista il codice per un valore di 3 milioni e 300.000 franchi francesi, oltre 4 milioni di euro attuali, impiegando una somma quasi doppia rispetto a quella prefissata per la fondazione scientifica. Quindi la dona allo Stato Italiano nel 1923 e la Bibbia di Borso d’Este torna a Modena, dove è tutt’oggi conservata alla Biblioteca Estense.

Lotto 92, La Bibbia di Borso D’este, 1937. Stima € 800 – 1.000

A distanza di 14 anni Treccani, nel 1937, commissionò la realizzazione di un facsimile in due volumi, edizione realizzata a Milano da Emilio Bestetti. Il lotto 92 dell’asta è una delle copie realizzate allora, una copia però speciale: quella destinata a Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale sotto il fascismo e intellettuale di primo ordine. Nel 1961 un nuovo facsimile venne realizzato, dalle Poligrafiche Bolis di Bergamo (il lotto 109). Rispetto alla precedente edizione, le tavole a colori aumentarono in modo cospicuo e l’edizione si presenta più ricca e raffinata della prima.

Lotto 109, La Bibbia di Borso d’Este, 1961. Stima € 800 – 1.200

Il valore del facsimile

 

L’arte del facsimile evolve col tempo, chi cerca queste opere lo fa per un duplice scopo: godere del piacere di bellissime opere, spesso sontuosamente illustrate, finemente riprodotte; avere la possibilità di studiare a fondo codici di difficile fruizione, perché gelosamente conservati in biblioteche. Sono libri ma prima di tutto begli oggetti in cui si esprime appieno l’arte tipografica ai più alti livelli: i facsimili hanno una natura democratica, offrono a tutti la possibilità di godere della bellezza di opere finemente miniate da sfogliare e ammirare, foglio per foglio, a costi decisamente accessibili.

Chiamarle semplici riproduzioni è davvero riduttivo, condividono con gli originali il fascino e l’aura del libro prezioso, eseguito per pochi ma destinato a molti.

 

L’asta del 7 ottobre propone una selezione di 129 lotti per oltre 150 volumi che delineano un percorso all’interno di questa raffinata produzione editoriale, a partire dagli anni Trenta del secolo scorso sino agli anni Ottanta circa. 

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Il dipinto di Maso torna a Firenze

L’Ascensione di Cristo di Maso da San Friano è stato presentato ieri alle Gallerie degli Uffizi. Il bozzetto del manierista fiorentino torna a Firenze, dopo l’acquisto in asta da parte dell’Associazione Amici degli Uffizi.

Siamo molto orgogliosi di comunicarvi che da ieri, 13 luglio 2022, l’opera di Maso da San Friano, “Ascensione di Cristo con la Vergine, gli Apostoli e le Sante Agnese ed Elena”, battuta in asta lo scorso 31 maggio a Roma, farà ufficialmente parte della collezione della Galleria degli Uffizi.

L’opera, definita da direttore degli Uffizi Eike Schmidt come “una meraviglia della pittura fiorentina del Cinquecento” torna quindi a Firenze, dopo essere stata conservata per lungo tempo in una collezione privata bergamasca: la tavola nasceva infatti come studio preparatorio per la pala d’altare della chiesa di Santa Maria del Carmine.

“Un ringraziamento particolare va al direttore, Eike Schmidt, vero e proprio deus ex machina di
questa bellissima operazione culturale, che ha deciso di partecipare all’asta grazie al sostegno fattivo dell’Associazione Amici degli Uffizi, gratificando il nostro lavoro di esperti e cacciatori di quadri alla ricerca del bello.” – Valentina Ciancio, Capo Dipartimento di Dipinti Antichi, Finarte



L’aggiudicazione

Un eccezionale ritrovamento del tardo Rinascimento fiorentino raffigurante l’Ascensione di Cristo di Tommaso Manzuoli, detto Maso da San Friano (Firenze 1531-1571), riemerso da una collezione privata del nord Italia, è stato presentato il 13 luglio 2022 alla stampa nell’Auditorium Vasari delle Gallerie degli Uffizi.

Il bozzetto del manierista fiorentino, sottoposto ad avvio di notifica da parte del Ministero dei Beni culturali poco prima della vendita all’incanto, è stato venduto in occasione dell’asta di Dipinti e Disegni Antichi il 31 maggio scorso a Roma.

L’Associazione degli Amici degli Uffizi, che ha partecipato alla gara contro un altro concorrente, ha voluto rendere noto l’acquisto solo dopo la donazione al Museo fiorentino. In occasione della presentazione dell’opera, il direttore Eike Schmidt ha raccontato divertito di come l’Associazione Amici degli Uffizi abbia “soffiato” l’opera all’altro offerente, Vittorio Sgarbi.

“Ho sofferto al telefono mentre Maso mi sfuggiva per una difficoltà di comunicazione: l’offerta sembrava non essere raccolta. E ho sofferto quando sono stato certo di averlo perduto. Per un altro motivo ho chiamato, il giorno dopo, Eike Schmidt, e gli ho raccontato il mio disappunto. L’ho sentito sorridere quando mi ha rivelato che, dall’altra parte, a un altro telefono, vigile cacciatore, c’era lui. E Maso ora era assicurato agli Uffizi. Sono stato felice, sollevato dalla malinconia, più che se la perduta “Ascensione” fosse a casa mia. ” – Vittorio Sgarbi



Il ritorno del Maso a Firenze

La tavola di Maso da San Friano, di piccole dimensioni ma di esecuzione impeccabile, è preparatoria per la pala d’altare destinata alla cappella della Confraternita di Santa Maria delle Laude e di Sant’Agnese nella chiesa fiorentina di Santa Maria del Carmine, lasciata incompiuta dal pittore morto precocemente. L’opera fu completata dal più giovane Giovanni Battista Naldini (1537-1591), altro valente pittore manierista, per andare poi distrutta in un incendio che devastò la chiesa nel 1771.

Tommaso Manzuoli, detto Maso da San Friano (Firenze 1531-1571), Ascensione di Cristo con la Vergine, gli Apostoli e le Sante Agnese ed Elena, olio e tempera su tavola, cm 62,3 x 36,5

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt:

“Con il ritorno del modelletto di Maso da San Friano si compie una doppia restituzione a Firenze: non solo questo dipinto raffinatissimo, preparatorio per una grande pala per Santa Maria del Carmine (distrutta nell’incendio del 1771) d’ora in poi sarà esposto dall’altra parte dell’Arno, agli Uffizi, in una sala insieme ad altri gioielli del periodo controriformato. Ma anche perché l’opera è stata scoperta da Luciano Berti, direttore degli Uffizi dal 1969 al 1987, che infatti la pubblicò per la prima volta nel 1963, nel suo saggio monografico su Maso da San Friano. In quel testo, veniva messo a fuoco l’artista che tanto bene rappresenta l’atmosfera artistica ed intellettuale di un periodo di straordinario fervore, al quale Berti quattro anni più tardi dedicò il volume “Il principe dello Studiolo”: un vero monumento che ha gettato le basi per capire l’arte di corte fiorentina degli anni Settanta del Cinquecento. Ringraziando gli Amici degli Uffizi, con la sua presidente Maria Vittoria Rimbotti Colonna e il vicepresidente Manuel Guerra, ricordiamo con affetto il grande Luciano Berti: lo studioso che ci ha aperto gli occhi su un periodo della storia dell’arte prima troppo poco considerato”.



Da una collezione privata di Bergamo a Finarte

Nel ricostruire le vicende dell’opera ricomparsa sul mercato antiquario, Valentina Ciancio, responsabile del Dipartimento di Dipinti Antichi di Finarte, ha ricordato come l’opera fosse nota agli studiosi solo tramite una vecchia fotografia in bianco e nero pubblicata da Valentino Pace nel 1976 con l’indicazione “collezione privata, Genova (?)”. Il dipinto di Maso era in realtà a Bergamo, appeso nella camera da letto dei nonni materni del giovane venditore che, volendo sapere cosa avesse ereditato dal bisnonno -un facoltoso imprenditore della zona e appassionato d’arte – ha contattato in primavera la nostra casa d’aste.

Tommaso Manzuoli, detto Maso da San Friano (Firenze 1531-1571), Ascensione di Cristo con la Vergine, gli Apostoli e le Sante Agnese ed Elena, olio e tempera su tavola, cm 62,3 x 36,5 (dettaglio)

“Ci è bastata una buona immagine per capire la qualità eccezionale del dipinto, giunto a noi senza nome ma in eccellente stato conservativo, e prendere subito i contatti che hanno portato poi all’affidamento del bene in asta. Riconoscere l’autore della tavoletta e scoprire la sua storia avventurosa è stata una straordinaria sorpresa. Con il venditore siamo orgogliosi che l’opera possa tornare dopo secoli a Firenze ed in particolar modo agli Uffizi, dove potrà essere ammirata dai visitatori di tutto il mondo per il suo valore e la sua storia.” – Valentina Ciancio



Notizie sull’opera

Il modelletto dell’Ascensione, databile 1565, è un documento visivo unico del progetto di rinnovamento del Carmine, realizzato grazie ad un munifico lascito testamentario di Elena Ottonelli (1563). In deroga al rigore iconografico imposto dal Concilio di Trento, campeggiano in primo piano Sant’Agnese e Sant’Elena, sante eponime della committenza, presenti anche nei disegni preparatori di Maso conservati agli Uffizi e nei dipinti di Naldini, nella sua pala del 1576 e nel modelletto all’Ashmolean Museum di Oxford.

Un bozzetto “veramente divertentissimo” era stato definito da Luciano Berti nel suo studio pionieristico del 1963, citandolo per la prima volta e sottolineando assonanze con le invenzioni di Pontorno qui liberamente interpretate dal pittore.

L’opera di Maso da San Friano, Auditorium Vasari delle Gallerie degli Uffizi, 13 luglio 2022. Courtesy Le Gallerie degli Uffizi

Effetti stravaganti e a tratti perfino caricaturali emergono a partire dal putto, sospeso a metà tra cielo e terra, che fa da base all’ascesa del Salvatore. Il debito di Maso nei confronti del grande Pontormo è evidente anche nella struttura compositiva ricca di dinamismo e pathos e nella luce quasi visionaria che illumina figure e panneggi, creando cangiantismi appena nascosti dalla polvere del tempo.

Questo splendido dipinto esprime un’inquietudine religiosa che ancora oggi commuove ed emoziona mostrando una Vergine minuta ed avanti neglianni con Santa Agnese, che volge lo sguardo assorto verso il basso, rispecchiando così quel clima di devozione e di austerità proprio dell’autunno del Rinascimento di cui Maso è stato uno dei protagonisti. Originale interprete del tardo manierismo fiorentino Maso fu, secondo Vasari, allievo di Pier Francesco Foschi e realizzò nella sua breve vita –morì a soli trentanove anni –ritratti e opere per importanti chiese fiorentine, tra cui San Pier Maggiore, Santa Felicita e Ognissanti, partecipando anche alladecorazione del celebre Studiolo di Francesco I a Palazzo Pitti.



Foto di copertina: il direttore Eike Schmidt con la presidente degli Amici degli Uffizi Maria Vittoria Rimbotti Colonna (Courtesy Le Gallerie degli Uffizi)

Mario Giacomelli, ritratti, paesaggi e poetica

Il grande fotografo italiano Mario Giacomelli apre il catalogo dell'asta di Fotografia, con ben tredici lavori che ripercorrono gran parte della sua poetica.

Mario Giacomelli è fra i pochi fotografi italiani conosciuti in tutto il mondo e questo da molto tempo. I suoi netti contrasti, le sue sovrapposizioni, le composizioni insieme audaci e delicate si possono solo imitare, non usare come riferimento. Paradossalmente resta talvolta una conoscenza superficiale di questo straordinario autore di cui il grande pubblico conosce e apprezza “Io non ho mani che mi accarezzino il volto” (la serie ispirata alla poesia di David Maria Turoldo poi battezzata un po’ banalmente “I pretini”) e le molte serie che, come “Storie di terra”, sono dedicate al paesaggio rurale marchigiano.

Lotto 4, Mario Giacomelli, Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961/1963. Stima € 3.000 – 4.000

L’ampio e ricco catalogo di opere proposte nel catalogo dell’asta del 17 marzo consente di fare il punto sulla sua poetica. Si va dalla ritrattistica con due saggi tratti da “Scanno” e “Il canto dei nuovi migranti” ai paesaggi misteriosi dominati da cieli nuvolosi attraversati dal volo leggero dei gabbiani, dallo straordinario omaggio a Giacomo Leopardi sintetizzato in “A Silvia” all’altrettanto poetico lavoro compiuto con incisiva dolcezza che è “Il pittore Bastari”.

Lotto 10, Mario Giacomelli, Il pittore Bastari, 1991/1993. Stima € 1.300 – 1.800

Analizziamo per ultimi due lavori considerati meno di quanto meritino: “Mattatoio” sa essere forte nella sua crudezza e non a caso Giacomelli stesso se ne ricordava con dolore mentre “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” è stato oggetto fin da subito di molte critiche.

Lotto 13, Mario Giacomelli, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1955/1957. Stima € 800 – 1.200

Considerandolo, invece, come il più intenso e coraggioso dei suoi lavori ed anzi uno dei più significativi della fotografia italiana, Ferdinando Scianna lo legge giustamente non come un memento mori ma come una testimonianza di quanto Giacomelli fosse attaccato alla vita. Un giudizio, a nostro avviso condivisibile, su cui riflettere.

Testo di Roberto Mutti 

 

Gli scatti di Mario Giacomelli illustrati nell’articolo fanno tutti parte del catalogo della prossima asta di Fotografia, che si terrà il 17 marzo a Milano. Con oltre 270 lotti dei grandi nomi italiani e internazionali, quello della Fotografia d’Autore si conferma uno degli appuntamenti più attesi del primo semestre del 2022.

 

Foto di copertina: Lotto 4, Mario Giacomelli, Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961/1963. Stima € 3.000 – 4.000