Richard-Ginori, Capodimonte e Fabris: capolavori in porcellana dal XVIII al XX secolo

Dalle origini alchemiche all’eccellenza manifatturiera italiana, una selezione di porcellane che raccontano tre secoli di storia

Per secoli il mistero della porcellana è sfuggito agli Europei, quasi fosse l’elusiva pietra filosofale, la cui formula alchemica appariva impossibile da replicare. Antica invenzione cinese, i cui primi esempi risalgono al 600-900 d. C., raggiunge in Oriente la perfezione e massima diffusione sotto la Dinastia Ming, a partire dalla seconda metà del Trecento. A differenza della semplice ceramica, richiede una cottura a temperature altissime (1300 gradi e più) e un impasto di due minerali, il petunzè e il caolino. Insieme essi garantiscono la plasticità, la durezza e l’aspetto traslucido della porcellana, con il caolino responsabile della sua bianchezza ipnotica.

Quando finalmente in Occidente si riesce a replicarne la formula per la prima volta, non a caso grazie a un alchimista, è l’inizio di una vera e propria febbre per quello che viene definito l’oro bianco. La riassume alla perfezione lo scrittore e artista Edmund De Waal nel suo magnifico La strada bianca. Storia di una passione (2016, edito in Italia da Bollati Boringhieri). Quando a inizio Settecento a Dresda quella che diventerà la manifattura di Meissen riesce finalmente a decifrare la formula della porcellana, essa diventa lo status symbol definitivo per i reali e per l’aristocrazia d’Europa. Nei secoli si imborghesisce, nascono nuove manifatture: come quella di Doccia, che dall’800 prenderà il nome di Richard-Ginori (lotti 384 e 385), e quella di Capodimonte che, seguendo le alterne vicende dei Borbone, avrà vita travagliata e sarà all’origine di varie manifatture nel napoletano.

Lotto 384. Parte di servizio in maiolica con decoro al tulipano, Manifattura Ginori secolo XIX. Stima € 1.000 – 2.000

Ne è un esempio la Fabbrica Migliuolo Giustiniani, attiva tra il 1808 e il 1818, specializzata nella produzione di terraglia, ovvero una ceramica alternativa alla porcellana, in cui l’impasto veniva ricoperto da uno smalto per imitare l’effetto della porcellana. La loro produzione è di estrema raffinatezza e grande varietà, dai modelli più semplici a quelli più decorativi e importanti, in linea con lo stile artistico in voga nella Napoli dell’epoca (lotti 541 e 542). Allo sciogliersi della Fabbrica alcuni suoi modelli passeranno per altre mani, come quelle della più tarda ma comunque rinomata Manifattura Colonnese (lotto 549).

Lotto Un piatto grande, un piatto piccolo ed un vassoio ovale in terraglia, Migliuolo Giustiniani, Napoli secondo decennio del secolo XIX. Stima € 150 – 300

Delle tante manifatture attive tra XVIII e XIX secolo sono poche a continuare l’attività ininterrottamente. In Italia è il caso della Richard-Ginori che, nella prestigiosa Enciclopedia delle Moderne Arti Decorative Italiane del 1927 è una delle due sole manifatture di porcellane a comparire. L’altra è la Manifattura Fabris, fondata solo un decennio prima dal bassanese Luigi Fabris. Grazie a continue sperimentazioni la sua manifattura riesce a realizzare pezzi di dimensioni importanti, una sfida non da poco per la porcellana, con colori innovativi e dettagli minuziosi (lotti 118 e 119). Accanto alla classica porcellana si specializza nella produzione di biscuit, un tipo di porcellana opaca visivamente simile al marmo apparso per la prima volta in Europa intorno a metà Settecento (lotti 111-115). L’antica tradizione della porcellana, i cui segreti vengono custoditi gelosamente, si arricchisce nei secoli di infinite varianti fino a venire traghettata nei tempi moderni, ma il suo fascino rimane immutato. Dopotutto, come nota De Waal, essa “è insieme il presente e un presente storico”, un fluire del tempo cristallizzato a 1300 gradi.

Lotto 112. Luigi Fabris (1883 – 1952). Nefertiti. Stima € 150 – 250

Testo di Marzia Flamini

Sfoglia il catalogo completo dell’asta di Incanti d’Arte che si terrà il 24 e 25 settembre presso la nostra sede romana.

Finarte si conferma ai vertici del mercato italiano dell’Arte Moderna e Contemporanea con Warhol e de Chirico

Si è conclusa il 3 luglio, nella sede storica di Finarte, l’Asta di Arte Moderna e Contemporanea con un grande successo e una straordinaria partecipazione internazionale, di oltre 1.000 partecipanti da tutto il mondo, totalizzando un risultato complessivo di circa 2,2 milioni di euro.

Grandissimo successo ha riscosso la Collezione Lella e Fausto Bertinotti, che con 21 lotti venduti su 24 ha totalizzato oltre 300.000 euro, moltiplicando di ben quattro volte le stime iniziali. Di particolare rilievo le iconiche serigrafie Mao del 1972 di Andy Warhol (Lotti 40 e 41), partite entrambe da una stima di 20.000 – 30.000 euro: dopo una vivace partecipazione su tutti i canali – dalla sala alle offerte telefoniche, dalle piattaforme digitali alle offerte scritte – sono state aggiudicate rispettivamente a 133.000 euro e 101.000 euro.

Lotto 40. Andy Warhol – Mao, 1972. serigrafia a colori, es. 82/250. Lotto venduto a € 133.000

Accanto ai Warhol, la collezione si è distinta per una selezione di opere di grande interesse storico e artistico, tutte oggetto di vivace competizione tra gli offerenti: i due lavori di Piero Dorazio (Lotto 32, aggiudicato per 7.000 euro); la tela Camion, di Titina Maselli (Lotto 39, aggiudicato per 11.500 euro); la scultura La gabbia d’oro di Giosetta Fioroni (Lotto 44, aggiudicato per 16.500 euro).

Lotto 39. Titina Maselli – Camion, 1976. olio su tela. Lotto venduto a € 11.500

Straordinaria anche l’aggiudicazione dell’olio su tela I Bagni Misteriosi, del 1935 (Lotto 78) di Giorgio de Chirico, proveniente dalla Collezione di Monica Vitti, passato di mano per 468.000 euro e che ha segnato uno dei migliori risultati d’asta di sempre per l’artista in Italia.

Lotto 78. Giorgio de Chirico – I bagni misteriosi, 1935. olio su tela. Lotto venduto a € 468.000

Tra le vendite più significative spiccano tre opere diverse per linguaggio, ma accomunate dall’appartenenza a una stagione di intensa sperimentazione, tra astrazione e materia: Combustione, 1968, di Alberto Burri (Lotto 115, aggiudicato per 103.500 euro); Ritmo su fondo bianco, 1953, di Osvaldo Licini (Lotto 125, venduto per 48.000 euro) e Senza titolo, 1972, di Wifredo Lam (Lotto 94, aggiudicato per 51.000 euro).

Lotto 115. Alberto Burri – Combustione, 1968. plastica, acrilico, vinavil e combustione su carta. Lotto venduto a € 103.470

“Siamo contenti dei risultati ottenuti dall’asta e della grande attenzione ricevuta anche dai collezionisti esteri. Il grande successo della collezione Bertinotti e dei Bagni misteriosi di Giorgio de Chirico della collezione di Monica Vitti resterà a lungo impresso nella nostra memoria.” Georgia Bava, Responsabile Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea Roma

L’asta ha confermato l’interesse del mercato per l’arte italiana del Novecento storico e per gli artisti del secondo dopoguerra sia italiani che internazionali.

Lotto 94. Wifredo Lam – Senza titolo, 1972. Lotto venduto a € 50.550

“Questa vendita chiude idealmente un semestre particolare caratterizzato da una instabilità geopolitica non favorevole e il risultato dell’asta ci conferma che l’arte contemporanea è percepita come bene rifugio e come forma di investimento alternativo.” Alessandro Cuomo, Responsabile Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea Milano

“Per il successo della vendita è stato determinante il lavoro di promozione, svolto negli ultimi mesi con eventi e anteprime anche a Roma presso il Circolo Canottieri e a Napoli presso l’Hotel de Bonart, con cui Finarte ha finalizzato accordi di collaborazione. Questi momenti di incontro con i collezionisti hanno contribuito a rafforzare il dialogo con il pubblico e valorizzato le opere in catalogo.” Alessandro Guerrini, Amministratore Delegato Finarte

Informazioni

T. +39 02 3363801 – press@finarte.it
Maria Grazia Vernuccio – mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it

Catalogo online

https://www.finarte.it/asta/arte-moderna-e-contemporanea-milano-2025-07-02

Finarte premiata ai Business International Finance Awards 2025

Finarte e il suo Chief Financial Officer di Gruppo, Alessandro Consoli, sono stati premiati ai Business International Finance Awards 2025 per le Best Practice nell’Area Amministrazione, Finanza e Controllo


Durante il CFO Summit 2025, tenutosi il 19 giugno e organizzato da Business International e Fiera Milano, abbiamo ricevuto il Business International Finance Award nella categoria PMI, per le Best Practice nell’Area Amministrazione, Finanza e Controllo.

Un premio che ci rende particolarmente orgogliosi e che valorizza il lavoro del nostro CFO, Alessandro Consoli, e del nostro team, così come il percorso di evoluzione che abbiamo intrapreso nei nostri processi amministrativi e finanziari.

Alessandro Consoli, CFO Gruppo Finarte

Grazie a Business International e Fiera Milano SpA per aver creato uno spazio di riflessione e confronto su un ruolo chiave per il progresso aziendale e per aver riconosciuto il lavoro di aziende come la nostra.

Questo traguardo è per noi un punto di partenza per continuare a migliorarci!

Team Amministrazione di Finarte. Da sinistra Andrea Cremascoli, Alessandro Consoli, Renisa Gorezi e Costanza Baserga

Grazie alla nostra solidità e a una crescente fiducia da parte dei collezionisti, stiamo attualmente raccogliendo intere collezioni private in vista delle prossime aste autunnali

Texas: l’opera che segna l’inizio di Alberto Burri

La genesi artistica di Burri tra i fili spinati di Hereford, lontano dai miti e dalle narrazioni romanzate

La nascita di un artista ha sempre un che di leggendario: da Giotto che disegna cerchi perfetti mentre sorveglia le pecore al pascolo al precoce e prolifico Pablo Picasso che a 7 anni già firmava il suo primo dipinto. Ci sono poi quelli che artisti lo son sempre stati, al livello più intimo e profondo, ma che hanno preso il pennello in mano tardivamente, da adulti. È il caso di Alberto Burri, uno dei maestri dell’arte italiana ed internazionale del dopoguerra, le cui prime opere vedono la luce alla soglia dei trent’anni.

La leggenda attorno al suo “risveglio” come artista è stata raccontata così tante volte, dai suoi amici scrittori e dagli storici dell’arte, che lo stesso Burri si è trovato a doverne smentire alcuni dei punti più poetici ma in qualche modo lontani dalla realtà. Prima di tutto i fatti: nel 1943 Burri, all’epoca medico dell’esercito italiano, viene catturato in Tunisia dagli Alleati e portato negli Stati Uniti, nel campo per prigionieri di guerra di Hereford, Texas. Nelle restrizioni della prigionia Burri si allontana dalla professione medica e rinasce come pittore. Un ritorno a una vecchia passione, l’arte, che aveva coltivato da adolescente sebbene senza troppo esercizio, ma soprattutto un modo per astrarsi dal presente e dall’andamento della guerra.

“I quadri fatti allora sono per me oggi validi come le mie ultime opere, né più né meno in termini di intensità pittorica. Ricordo che continuavo a cambiare soggetti, a dipingere nuovi quadri e a cambiarli ancora, un’infinità di volte. Questo è stato il mio vero inizio di pittore, e non c’entrano le garze medicali, il sangue e le bruciature della guerra. Tutte storie” (S. Zorzi, Parola di Burri, Torino 1995, p. 15).

Quelle “storie”, che costituiscono la genesi mitologica di un artista che avrebbe rivoluzionato l’arte moderna e contemporanea, sono quindi frutto delle letture critiche delle opere successive, dai Sacchi alle Combustioni, ma a sentire Burri sono in effetti lontane dal suo vissuto.

Lotto 115. Alberto Burri – Combustione, 1968. Stima € 20.000 – 30.000

Un vissuto fatto di giorni sempre uguali in cui la pittura rappresentava l’unica fuga e consolazione, un atto vitale di riappropriazione della propria umanità e personalità. Di quei dipinti ne sono sopravvissuti pochissimi: Burri se li fece spedire in Italia tramite la Croce Rossa, ma li distrusse “quasi tutti salvandone solo quattro o cinque, di cui il primo […] tanto per ricordare quegli inizi e dimostrare che sin dall’inizio la mia era una pittura di qualità”. (S. Zorzi, id., pp. 19-20).

Lotto 92 – Alberto Burri – Texas, 1945. Stima € 600.000 – 800.000

Texas, con quell’orizzonte schiacciato e i colori terragni e infuocati, è dunque una testimonianza biografica tanto dell’uomo quanto dell’artista, che con la maturità consapevole dell’età e dell’esperienza si approccia alla pittura con sicurezza e chiarezza d’intenti. La composizione decisa, fatta di vuoti e di segni verticali che ne scansionano la partitura, sancisce la nascita di Burri artista e al tempo stesso sembra contenere i semi delle future composizioni. Un’opera seminale seppur così diversa da quelle con le quali conquistò i musei di tutto il mondo.

Testo di Marzia Flamini

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I libri d’artista protagonisti in asta il 24 e 25 giugno

Dalle avanguardie storiche al design tipografico del Novecento, 36 volumi unici in cui si esprime tutta la varietà esecutiva propria dei libri d’artista, caratterizzati da splendide legature firmate, suite di tavole a diversi colori, aggiunte di disegni originali, dediche e inserti unici

La genesi del libro d’artista si trova nella tradizione francese dei cosiddetti “livres d’artiste” o “livre de peintre”, ossia libri illustrati che vedono la collaborazione fra scrittori e pittori. La prime proposte provengono dagli editori novecenteschi delle avanguardie storiche come Ambroise Vollard, Daniel-Henry Kahweiiler, Tériade, i quali promuovono collaborazioni fra letterati e artisti visivi, talvolta riservando a questi ultimi grande autonomia, come nel celebre caso di Jazz di Henri Matisse (edito da Tériade nel 1947). Questo genere di pubblicazioni è stato lungamente ricercato dai bibliofili e dai collezionisti d’arte e, anche quando il mercato dell’editoria d’arte ha accolto libri più sperimentali o i libri-oggetto, la denominazione di “livres d’artiste” è sopravvissuta divenendo un’abitudine lessicale, originando spesso alcuni fraintendimenti.

Lotto 471. Libro d’artista – Georges Braque, Erik Satie. Le Piege de Meduse, 1921. Stima € 15.000 – 17.000

In Italia questa tipologia è indissolubilmente legata al futurismo e al suo teorico Filippo Tommaso Marinetti. La critica del movimento è incentrata su due aspetti editoriali. Da una parte, critica le regole compositive dell’editoria tradizionale, alle quali Marinetti contrappone una nuova ortografia e tipografia espressiva. Si pensi ad esempio al celebre Zang Tumb Tuuum (Adrianopoli Ottobre 1912), del 1914, e a Les mots en liberté futuriste (1919). Dall’altra, punta a rivoluzionare la forma stessa del libro, come suggerisce Corrado Govoni in una lettera inviata a Marinetti: «[…] Perché non fare dei libri che aprano come organetti macchine fotografiche ombrellini ventagli?» (Salaris 1988, p. 17). In questa tensione innovativa verso una diversa forma del libro si riconosce un altro possibile atto di nascita del libro d’artista, inverato nei cosiddetti libri-oggetto. Inaugurati dal Libro imbullonato di Fortunato Depero del 1927 e dall’Anguria Lirica di Tullio D’Albisola e Bruno Munari del 1934 exempla per numerose sperimentazioni maturate nei decenni a seguire, sono caratterizzati dall’accentuazione della dimensione materica dell’oggetto e da una fruizione sinestetica.

Lotto 497. Tullio D’Albisola, Bruno Munari – L’Anguria Lirica (Lungo Poema passionale), 1934. Stima € 14.000 – 18.000

La sezione di libri d’artista che si presenta nel prossimo catalogo Finarte conta diversi esempi significativi di tale tipologia libraria. Si tratta di 36 raffinati volumi in cui si esprime tutta la varietà esecutiva propria dei libri d’artista, caratterizzati da splendide legature firmate, suite di tavole a diversi colori, aggiunte di disegni originali, dediche e inserti unici. Come nel caso de Le mamelles de Tiresias di Apollinaire (Lotto 468, stima € 2.500 – 3.000) dove compare nell’introduzione per la prima volta il termine Surrealista. Georges Braque dedica e illustra con uno splendido disegno il lotto 471, le Piege de Meduse (Stima € 15.000 – 17.00), uno dei primissimi libri con illustrazioni originali di Braque. Originalissime sono le legature dei lotti 472 e 483, realizzate in Pollopas, una resina particolarissima. Il lotto 479 vede la collaborazione tra Jean Fautrier e Georges Bataille nel realizzare con Madame Edwarda (Stima € 3.000 – 4.000) un raro testo erotico, in questo esemplare arricchito da una dedica di Fautrier a Ungaretti e da alcuni disegni originali. Unico è l’esemplare di Ballets-Minute di Pierre Lecuire, lotto 486 (Stima € 35.000 – 40.000), un testo che precorre il minimalismo. Questa copia, la numero 1, si configura come una sorta di esemplare di testa, contenente acqueforti tirate solo nella presente copia ma non accolte nell’edizione definitiva. Uno dei più celebri e iconici libri del Novecento è il famoso Dlia Golosa di Majakovskij e Lissitzky (Lotto 489, stima € 7.000 – 10.000) considerato il più sorprendente e innovativo esempio del design costruttivista. Altre splendide legature firmate coprono i lotti 493 (Stima € 8.500 – 10.000) e 496 (Stima € 22.000 – 24.000), volumi dalle tavole preziose, arricchiti da legature uniche. E per finire il lotto 497, la celebre Anguria Lirica di Bruno Munari e Tullio D’Albisola (Lotto 497, stima € 14.000 – 18.000), un esemplare quasi perfetto del più raro libro-oggetto futurista. La lito-latta futurista costituisce il più geniale e rivoluzionario esperimento futurista mai condotto sull’oggetto libro, un esperimento destinato a segnare la storia dell’editoria futurista e dello stesso movimento.

Lotto 489. Libro d’artista – Vladimir Majakovskij, Lazar Markovich LissitzkyDlia Golosa, 1923. Stima € 7.000 – 10.000

Testo di Fabio Massimo Bertolo

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Alberto Burri’s first painting, Lella and Fausto Bertinotti’s collection, and masterpieces from Monica Vitti’s Collection

An auction of Modern and Contemporary Art the one Finarte will be beating in Milan, in the historic venue of Via dei Bossi 2, on July 2. About 150 lots of exceptional historical and artistic value will be in the catalog.

A collection of works of extraordinary historical and artistic value in which Alberto Burri‘s first painting, Texas, from 1945, stands out; the collection of Lella and Fausto Bertinotti with two iconic silkscreens of Mao by Andy Warhol; and three significant masterpieces from Monica Vitti’s collection: two paintings by Giorgio de Chirico and a tempera by Giacomo Balla from the rare cycle of Iridescent Compenetrations.

From the Monica Vitti collection. GIACOMO BALLA – Iridescent interpenetration-study for Penetration + space, 1912. Tempera on paper, 19 x 26.5 cm. Estimate € 65,000 – 80,000.

For the first time on the market and with great privilege, Alberto Burri‘s first painting, Texas, 1945, estimated at € 600,000 – 800,000, executed during his internment in the Hereford concentration camp in Texas, where as a doctor Burri became a painter, will be presented. As he recounted in a well-known 1994 interview, “I used to paint all day long, it was a way of not thinking about everything around me and about the war. I did nothing but paint until the liberation. And in these years I understood that I ‘had’ to be a painter. (…) The paintings made then are as valid to me today as my latest works, neither more nor less in terms of pictorial intensity.”

ALBERTO BURRI – Texas, 1945. Oil on canvas, cm 47 x 60,5. Estimate € 600,000 – 800,000

Three important masterpieces come from the Monica Vitti collection: the painting by Giorgio de Chirico, Bagni Misteriosi, from 1935 oil on canvas, 69.7 x 49.7 cm, valued at €400,000 – 600,000, a pictorial translation of the Mysterious Guest, one of ten lithographs executed in 1934, for Jean Cocteau’s volume Mythologie, in which the portrayed character entering the cabin is de Chirico himself. Giorgio de Chirico‘s painting, Niobe, from 1921 tempera on canvas, 53 x 42 cm, inspired by the Master’s Florentine sojourn, who assiduously frequented the Uffizi Gallery and became infatuated with the Roman-era sculptural group of Niobids kept there, the work was later exhibited in 1921 by Pictor Optimus at his Milan solo show at the Galleria Arte. And also from the actress’s collection comes Giacomo Balla‘s highly refined work, Compenetrazione iridescente – studio per Penetrazione + spazio, dated 1912, tempera on paper, 19×26.5 cm, which features a graphite study of the same name on the verso, at auction with estimate € 65,000 80,000.

From the Monica Vitti collection. GIORGIO DE CHIRICO – Niobe, 1921. Tempera on canvas, 53 x 42 cm. Estimate € 450,000 – 650,000 GIORGIO DE CHIRICO – I bagni misteriosi, 1935. Oil on canvas, 69.7 x 49.7 cm. Estimate € 400,000 – 600,000

Also standing out from the Lella and Fausto Bertinotti collection are two silkscreens by Andy Warhol from the well-known series dedicated to Mao Tse Tung in 1972, valued at €20,000 to €30,000 each; several works by Piero Dorazio, donated by the Umbrian artist to his spouses on various anniversaries; a large-scale polychrome ceramic sculpture by Giosetta Fioroni; and an oil on canvas by Titina Maselli, Truck, from 1976.

From the Lella and Fausto Bertinotti collection. ANDY WARHOL – Mao, 1972. Color silkscreen ex. 63-250, cm 91.4×91.4. Estimate € 20,000 – 30,000.

Also on offer at auction will be many of the artists currently most sought after by the market, including two colorful oil compositions by Salvo, Una torre sassone from 1992 and Ora di pranzo from 2007, and an embroidery by Alighiero Boetti, Le nuove autonomie from1979, 23 x 24 cm, estimated at €60,000 to €80,000.

ALIGHIERO BOETTI – Le nuove autonomie, 1979. Embroidery on fabric, 23 x 24 cm. Estimate € 60,000 – 80,000.

Information Auction: Wednesday, July 2 Exhibition: Friday, June 27 to Tuesday, July 1 10 a.m.-7 p.m. Venue: Finarte, Milan, Via dei Bossi, 2

L’universo creativo di Gaetano Pesce

Chi è stato Gaetano Pesce? Ogni definizione appare in qualche modo riduttiva di una traiettoria sempre ibrida e meditata: designer, scultore, architetto…Più di ogni altra cosa, in effetti, Pesce è stato un artista, con una visione lucida e impegnata che non è mai venuta meno.

Dalla formazione a Venezia, con le lezioni di Carlo Scarpa, alla fondazione del Gruppo Ennea, che sarebbe poi diventato il movimento di arte programmata Gruppo N, fino alle esperienze internazionali a Parigi e a New York, la sua ricerca è sempre stata concentrata sul presente e più ancora sul futuro. La sua produzione non è mai stata solo attenta alla forma fine a sé stessa ma anche e soprattutto al contenuto. La sperimentazione materica, in particolare con i materiali plastici schiumati e resine, non era solo motivata dal desiderio di ottenere risultati di grande impatto sia dal punto di vista visivo che tattile. Dietro ogni progetto si annidava infatti un pensiero destinato a sfidare il pubblico alimentandone la capacità di riflessione, destabilizzando senza però mai scadere nella facile provocazione.

Lotto 37. Gaetano Pesce – Big Suprise 1 small, opera unica, 2010. Stima € 1.200 – 1.600

Si prenda ad esempio la poltrona modello Shadow, del 2007, che sfrutta un processo di iniezione di schiuma poliuretanica brevettato da Meritalia per creare un oggetto che sia tanto funzionale quanto significativo. Il nome della poltrona rimanda infatti a una presenza-assenza, quella della figura umana, con l’imbottitura che sembra voler dare l’illusione dell’impronta appena lasciata da qualcuno che si sia alzato. L’immagine della poltrona vuota appare quindi tanto in attesa di qualcuno che ci si sieda quanto ricordo di chi ci si fosse seduto in precedenza, in una sottile riflessione sul tempo realizzata con materiali e colori di estrema contemporaneità. Un prodotto che è un multiplo ma che resta in qualche modo sempre unico, perché il solidificarsi della schiuma non è mai esattamente uguale. Sono invece opere uniche, tutte del 2010, Big Suprise 1 small, in resina blu, Papavero Vase, sempre in silicone e che richiama in maniera stilizzata la forma di un papavero, e Vaso, in tessuto e silicone, in cui il contrasto tra l’apparente morbidezza del tessuto e la solidità cilindrica garantita dal silicone crea un effetto al limite del perturbante, sfidando le certezze dello spettatore.

Lotto 19. Gaetano Pesce – Papavero Vase, opera unica, 2010. Stima € 1.500 – 2.000

Gaetano Pesce nelle sue creazioni non cessava mai di trovare risposte sorprendenti a domande insolite, esprimendole in forme sempre nuove al crocevia fra vari media artistici. È il caso dell’arazzo dall’ironico titolo Gioia? che risale ai primi anni del suo soggiorno newyorkese. A metà tra pittura e arazzo, realizzata in silicone e datata 1986, l’opera gioca con una texture differente fra figura in nero e sfondo rosso, con una combinazione originale di forma e materia. E se da un lato non può non far pensare alle cosiddette combustioni di Alberto Burri dall’altro le dimensioni imponenti (misura due metri e mezzo in altezza) ne fanno inevitabilmente una presenza fisica non solo dalla valenza decorativa ma anche di arredo vero e proprio.

Lotto 58. Gaetano Pesce – Gioia?, arazzo in silicone su pannello, opera unica, 1986. Stima € 60.000 – 80.000

E forse l’idea di fare di un sentimento un complemento d’arredo e di un’opera d’arte una presenza fisica impossibile da ignorare è il miglior ribaltamento possibile delle convinzioni precostituite dello spettatore, nonché l’unione perfetta fra le varie anime di Pesce, sempre in bilico fra design, arte e sperimentazione.

Sfoglia il catalogo completo dell’asta che si terrà il 17 giugno

Testo di Marzia Flamini

“12”: a new collector-to-collector auction experience

Introducing a new auction section featuring twelve carefully selected timepieces—each one telling a story of style, passion, and uniqueness.

A watch represents the extraordinary intersection of technology, craftsmanship, beauty, and practicality. Choosing one model over another is a constant balancing act among these ideal pillars, with some iconic timepieces achieving perfect harmony between them.

Over the decades—and even centuries—practicality and aesthetics have driven a steady reduction in siOver time—and across centuries—practical needs and aesthetic preferences have gradually driven watchmaking toward ever smaller, more wearable designs, from pocket watches to wristwatches.

“mini 12” at auction on June 9th

At the same time, master watchmakers embraced the challenge of miniaturizing complex mechanics. In the early 20th century, this pursuit culminated in the Duoplan movement by Jaeger-LeCoultre (1924), which solved the space issue by distributing components over two overlapping planes. This ingenious solution allowed miniaturization without compromising reliability. The dual-level architecture remains a landmark innovation, and its legacy continues today in the Caliber 101 (1929), famously worn by Queen Elizabeth II at her 1953 coronation in a jewel-set version.

“mini 12” at auction on June 9th

This same fascination for “mini” models is at the heart of “Mini 12”, a special selection of timepieces from renowned maisons, curated by Carlo Biagioli. It marks the launch of the Watches Department’s new project: an initiative designed to bring a true collector’s eye and perspective into the auction world.

“mini 12” at auction on June 9th

“Mini 12”, going under the hammer on June 9, comprises twelve lots—one for each hour on the dial—presented in collaboration with Alessio Coccioli, Head of the Department. The concept behind “12” is simple yet profound: a collaborative and evolving format that adapts with each edition, reflecting the individuality of every collector. Because while a watch is undoubtedly a symbol of craftsmanship, innovation, and status—it is also something more: it’s a story.

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Il valore del tempo: nasce ’12’, la nuova sezione collezionistica d’asta

12: una nuova sezione d'asta dedicata agli orologi. Dodici pezzi scelti per raccontare storie di stile, passione e unicità

Un orologio è l’incontro straordinario fra tecnologia, artigianalità, gusto per il bello e praticità. La scelta di un modello piuttosto che un altro è un continuo oscillare fra questi punti cardinali ideali, con alcuni modelli iconici che li bilanciano alla perfezione.

Nel corso di decenni, anzi, dei secoli, il fronte della praticità e del gusto ha portato a una progressiva riduzione delle dimensioni a favore della portabilità, con il passaggio ad esempio dagli orologi da tasca a quelli da polso.

“mini 12”, in asta il 9 giugno

Parallelamente, i mastri orologiai hanno accolto la sfida di ridurre meccanismi complicati a dimensioni sempre minori. Nei primi decenni del ‘900 questa tendenza ha raggiunto il suo massimo vertice con il movimento Duoplan, messo a punto da Jaeger-LeCoultre nel 1924. Un movimento miniaturizzato, condizione questa che pone già notevoli difficoltà tecniche, nel quale la sfida delle dimensioni viene risolta distribuendo le componenti su due piani sovrapposti. In questo modo la miniaturizzazione può procedere di pari passo con l’affidabilità e durevolezza: il rischio di un eccessivo rimpicciolimento del meccanismo era difatti la sua minor tolleranza ai fattori esterni e conseguente minor robustezza. La distribuzione su due piani permette di equilibrare le diverse esigenze in maniera ottimale. Non a caso ancora oggi, a un secolo di distanza, il principio alla base di questo movimento si riflette nel calibro 101, sviluppato nel 1929 e già reso immortale dalla Regina Elisabetta II d’Inghilterra, che lo scelse in versione gioiello per la sua incoronazione nel 1953.

“mini 12”, in asta il 9 giugno

La passione per i modelli “mini” la si ritrova anche nella selezione di segnatempo di varie maison, curata da Carlo Biagioli, che inaugura il nuovo progetto del Dipartimento di Orologi, destinato a imprimere un’impronta collezionistica all’interno di un catalogo d’asta.

“mini 12”, in asta il 9 giugno

Una sezione con dodici lotti, tanti quante le ore sul quadrante, scelti e presentati si potrebbe dire da collezionista a collezionista, in collaborazione con Alessio Coccioli, Responsabile del Dipartimento: è questo il concept dietro 12. Un’idea innovativa e collaborativa per un format destinato a durare nel tempo, e che si articolerà in maniera di volta in volta diversa, così come diverso e unico è ciascun appassionato e conoscitore, in modo da rifletterne i gusti e il percorso. Perché un orologio è sì un mix di tecnologia e artigianato e amore per il bello, oltre che uno status symbol, ma è anche qualcosa di più: è una storia.

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Testo di Marzia Flamini

Art-à-Porter: le collaborazioni che hanno rivoluzionato Louis Vuitton

In principio fu Marc Jacobs: si deve infatti al geniale stilista newyorkese l’intuizione di invitare un artista a dialogare con un fashion brand iconico come Louis Vuitton.

Era il 2001 e Jacobs, all’epoca direttore creativo del marchio, pensò di rivolgersi a Stephen Sprouse, artista e designer americano, per modernizzare la classica pelletteria Vuitton. L’idea era di dare un tocco pop, se non sfacciatamente punk, alla tipica stampa con il monogramma, sovrascrivendola con un carattere che si richiamava strettamente ai graffiti della Street Art. L’operazione ebbe immediato successo e aprì così la strada ad altre collaborazioni artistiche: come quella ancora più sfacciatamente pop con Takashi Murakami, il primo a intervenire direttamente sul Monogram LV disegnato nel 1896 da George Vuitton colorandolo e mutandone lo sfondo in bianco.

A distanza di quasi vent’anni da quella collezione iconica, nel 2020 è la volta dell’artista svizzero Urs Fischer di rimaneggiare il monogramma. Fischer ne realizza una versione plastica, quasi materica grazie alla preziosa tecnica del tuffetage in velluto con effetto a rilievo. Del resto, chi meglio di uno scultore contemporaneo per giocare con i volumi e il tatto in un raffinato gioco di specchi deformanti con la tradizione?

Lotto 164. Louis Vuitton – Borsa Neverfull Tufted Monogram Urs Fischer, 2020. Base d’asta € 1.500

Poco tempo dopo è la volta di Fornasetti: il direttore creativo Nicolas Ghesquière, in vista della sfilata che si sarebbe tenuta presso la Galleria Michelangelo del Louvre pensa immediatamente ai pattern del mitico designer milanese. La passione per l’antichità classica che trasuda dagli archivi Fornasetti diventa così un ponte tra la location della sfilata e le iconiche borse Vuitton. Ancora una volta sulla stampa Monogram LV si interviene ricoprendola in questo caso con la riproduzione di cammei colorati. I due motivi così si intrecciano e sovrappongono, per un risultato unico e senza tempo.

Lotto 158. Louis Vuitton – Borsa Cameo Metis Monogram Fornasetti. Base d’asta € 1.000

Ancora diverso è l’intervento artistico di Jeff Koons: l’artista statunitense, con le sue opere sempre sul filo del kitsch e incentrate sull’immaginario pop, ha voluto rivestire i classici modelli Vuitton con riproduzioni di opere fra le più celebri della storia dell’arte. Tra l’omaggio e l’appropriazione, secondo una modalità cara a una certa parte dell’arte contemporanea, ecco che sulle borse appaiono opere di Gauguin, Manet, Turner, Monet e Van Gogh. Su di esse campeggiano il monogramma e il motivo floreale stilizzato che ne fa parte, originariamente ispirato alle piastrelle in maiolica di Gien presenti nella cucina della storica casa Vuitton ad Asnières. Oltre ovviamente al cognome dell’artista, con un carattere che rimanda a quello che campeggia sulle magliette sportive, come se Koons e Louis Vuitton avessero voluto mettere insieme una sorta di squadra di fuoriclasse dell’arte. E in effetti è proprio quello che i direttori creativi del brand francese hanno fatto in questo quarto di secolo con le loro edizioni limitate, avviando una pratica che ha segnato per sempre la storia della moda e dell’arte.

Lotto 163. Louis Vuitton – Borsa Neverfull Jeff Koons Van Gogh, 2017. Base d’asta € 800

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Testo di Marzia Flamini