Un nuovo codice ritrovato della Commedia

Un nuovo significativo manoscritto si aggiunge alla tradizione della Commedia dantesta: un codice eccezionale rilegato modernamente in marocchino naturale, contenente il poema nella sua forma quasi integrale

Manoscritto cartaceo della Commedia, comprendente in fine il Capitolo attribuito a Pietro Alighieri e il Capitolo di Busone Raffaelli da Gubbio, per complessive 93 carte su 94 (manca la carta 25 comprendente i versi 34-139 del Canto XXIX e i versi 1-57 del Canto XXX), disposto su due colonne, 42 righe per pagina, misure 40 x 27 cm.

La scrittura appare nell’insieme di una sola mano, databile tra la fine del XIV secolo e i primi due decenni del XV. Elegante e raffinata la disposizione del testo con rubriche in rosso. Il codice, scritto in Italia, presenta caratteristiche fiorentine.

Appartiene con ragionevole certezza alla famiglia dei codici danteschi definita “gruppo dei Cento”, distinta dai codici Strozziani e dalla sezione dei codici derivati dal Vaticano. Il codice presenta tuttavia non poche originali caratteristiche, che il raffronto testuale con altri della stessa famiglia rende via via più evidenti (ma la ricerca è ancora in fieri); sarà assolutamente necessario uno studio più approfondito dei suoi rapporti con l’intera tradizione, anche alla luce delle recenti acquisizioni ecdotiche emerse dalle recenti edizioni critiche di Giorgio Inglese (Carocci, 2016) e di Paolo Trovato (Libreria Universitaria, 2022).

Dal punto di vista linguistico, una prima ispezione consente di confermare l’ipotesi che il codice sia di mano colta toscana, come è testimoniato dal comportamento delle vocali “o”  ed “e” toniche (dittongate e talora risolte nel monottongo) dal comportamento delle consonanti doppie (perlopiù conservate), dal comportamento delle palatali (sempre conservate, “c”, “g”, “sci” etc.) dalla scrittura della palatale “l” (=lli), etc. Ottimo stato di conservazione, legatura moderna in pieno marocchino naturale.

Codici interi della Commedia non compaiono sul mercato antiquario da decenni; negli ultimi anni si segnalano aggiudicazioni internazionali di singole carte presso Christie’s e Sotheby’s, spesso utilizzate come fogli di rinforzo in legature. L’eccezionalità del ritrovamento è data da almeno tre aspetti: per l’altezza cronologica del manoscritto (fine XIV-Inizi XV secocolo); per la sua completezza quasi assoluta; per il suo stato di conservazione.

Ogni nuovo testimone – si sa – può recare lezioni che modificano il testo tràdito, per cui anche questo manoscritto accuratamente collazionato con il testo critico della Commedia potrebbe di certo riservare importanti sorprese.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti del Dipartimento di Libri, Autografi e Stampe.

La bellezza nascosta nei paesaggi dei nudi artistici

Dietro i corpi ritratti si cela l’attenzione del fotografo all'ambientazione. Centosessanta figure svelate e centosessanta paesaggi da scoprire

In una fotografia di nudo lo sguardo dello spettatore è naturalmente e necessariamente attirato dal corpo maschile o femminile ritratto e dalla sua posa. A una prima riflessione questa sembra essere la conseguenza logica di una tipologia di immagine per sua natura “spoglia”, nata per esaltare la semplice bellezza delle forme dei corpi. Ma, proprio per la “povertà” del numero dei suoi elementi compositivi, a un secondo livello di lettura ci si rende ben presto conto dell’attenzione riservata dal fotografo ai restanti elementi della composizione, in primis l’ambientazione e il paesaggio circostante. Sono rare le occasioni in cui poter studiare così tante fotografie di nudo di autori di epoche e nazionalità diverse come quella offerta da Finarte con l’asta Unveiled BeautyGrazie a essa possiamo scoprire e approfondire alcune delle diverse tipologie di paesaggi in cui i corpi denudati sono stati ritratti e carpire, forse, le motivazioni degli autori per la scelta fatta.

Uno dei paesaggi più usati dai fotografi è sicuramente quello naturale re-interpretato da ognuno nel suo stile e a rappresentazione delle sue ricerche.

GAETANO D’AGATA Caino, anni 1910/1920

Se analizziamo per esempio la produzione di alcuni autori di inizio del Novecento, come i tedeschi Baron Wilhelm von Gloeden e Wilhelm von Pluschow o l’italiano Gaetano d’Agata, i ragazzi raffigurati sono immersi in un ambiente chiaramente mediterraneo: si intravede il mare in lontananza, forse delle radure, delle palme e delle agave. Tutto l’ambiente circostante deve contribuire a rendere quel ricordo di Eden perduto che per gli autori era la classicità,  accentuato dalle pose dei modelli ispirati alla statuaria greca e romana.

Più minimalisti, i set naturali di altri autori come l’americano Nick Nordwood, il francese Claude Faville o l’italiano Roberto Salbitani, in cui per esaltare la fragilità e la morbidezza dei corpi i soggetti vengono colti adagiati e sdraiati su pietre e scogli scomodi, duri e sfaccettati, quasi inospitali, che al contrario sprigionano una immagine di forza ed eternità. 

Una delle principali componenti del corpo umano è l’acqua e proprio per questo è uno degli elementi che ritorna di più nelle fotografie di nudo, alla ricerca di una forma di assonanza. Sono un esempio le opere di John Rutter, Sally Gall o Jock Sturgess, in cui le modelle sono totalmente rilassate e comunicano un profondo senso di serenità e pace.

JOCK STURGES Maia and Minna, Montalivet, France, 1994

Se le fotografie di nudo ambientate in esterno sono una rappresentazione di innocenza e coesione con una natura incontaminata, al contrario le composizioni di nudo in interno spesso hanno un lato più complice e sexy legato al proibito. Maestro indiscusso di questa tipologia di immagini l’artista, designer e intellettuale poliedrico Carlo Mollino che ha fotografato centinaia di ragazze in pose osé nel suo appartamento torinese per poi tenere nascoste le immagini. Dove è un susseguirsi di lingerie, ammiccamenti, pelli di animali e naturalmente oggetti di design. 

Anche le prostitute di un bordello in Spagna ritratte da Henri Cartier-Bresson nel 1933 sembrano invitare lo spettatore a entrare nella fotografia, con un gioco di sguardi intenso e sottolineato dal bellissimo bianco nero e dalla composizione.

Al chiuso di quattro mura tutto o quasi è concesso, sembrano dirci due autori ammirati proprio per gli eccessi delle loro ricerche più famose: il giapponese Araki e il ceco Jan Saudek

NOBUYOSHI ARAKI Senza titolo (Bondage), anni 1990

Il primo in stanze totalmente anonime e prive di qualsiasi elemento connotativo ama legare con delle corde e sospendere in aria le sue modelle secondo i dettami del bondage. Una pratica feticista divenuta suo marchio di fabbrica.

Il secondo inscena in stanze fatiscenti e macabre raffigurazioni con personaggi che sembrano derivati dal mondo del circo o del Grand Guignol: contorsioniste e mangia fuoco compiono le loro azioni ignorandoci, abitanti di un mondo “altro”.

Laddove Jan Saudek apre le porte agli incubi vi sono altri autori che decidono di posizionare i protagonisti delle proprie immagini in mondi onirici e inventati.

Tra loro Occhiomagico, nome d’arte di Giancarlo Maiocchi. Ne La camera chiara di Narciso una ragazza sembra essere sospesa nel vuoto in una stanza con le pareti fatte di terra e delle strane caffettiere alle pareti, mentre un altro corpo nudo di donna si intravede nell’uscio della porta.

OCCHIOMAGICO La camera chiara di Narciso, 1982

Ne Le grandi labbrain una strana stanza illuminata da un neon una ragazza sembra pronta a cominciare una danza sfrenata. Fotografie/collage in cui l’artista sembra rappresentare le sue fantasie.

Anche un salotto di casa può divenire un luogo da sogno, lo sa bene l’americana Leslie Krims, se si gioca con gli oggetti presenti o si riempie con stampe raffiguranti Gesù Cristo.

L’italiano Toni Meneguzzo preferisce invece trasformare direttamente la propria modella in una figura mitologica facendola inglobare man mano, grazie a una sequenza di scatti, dallo scoglio su cui posava.  D’altronde cosa non è il corpo umano se non esso stesso un paesaggio?

LUCIEN CLERGUE Les Geantes, Camargue, 1978

E lo si può comprendere benissimo osservando alcuni scatti di Franco Fontana, Lucien Clergue, Mario Giacomelli o Augusto De Luca, tutti autori che giocando sapientemente con inquadrature e tagli sono riusciti a trasformare i dettagli delle forme delle modelle in skyline di montagne, rocce, nuvole o coste. Immagini e giochi di sicuro effetto perché rapiscono gli occhi e la mente di chi li guarda.

Centosessanta figure svelate e centosessanta paesaggi da scoprire nel catalogo dell’asta Fotografia: Unveiled Beauty del prossimo 14 marzo.

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Bozzetti cinematografici: dietro le quinte dell’immaginario collettivo

I più importanti "pittori di cinema" sono i protagonisti di una fantastica asta che farà sognare ogni appassionato di cinema e non solo

Agli albori del cinema, parallelamente alle professioni più strettamente legate alla produzione cinematografica vera e propria, ne nacque un’altra, anch’essa fondamentale: l’ideatore di manifesti. Tra la fine dei XIX e l’inizio del XX secolo la comunicazione pubblicitaria passava esclusivamente per le affissioni, che dovevano essere quindi di grande efficacia comunicativa e immediato impatto visivo. Dal teatro al cinema il passo fu per molti illustratori naturale, e a fianco ad anonimi maestri si cimentarono in questo genere anche grandi artisti. L’evoluzione fu poi quella che trasformò gli autori di manifesti in veri artisti, riconosciuti per il loro talento in grado di trasformare una semplice comunicazione promozionale in immagine iconica riproducibile all’infinito.

In Italia uno dei pionieri di questo genere è stato Anselmo Ballester, nato a Barcellona nel 1897. La sua carriera inizia nei primi anni del cinema muto, e successivamente diventa noto per i suoi bozzetti, collaborando con registi come Federico Fellini e Vittorio De Sica. Con il suo talento Ballester ha portato l’arte del bozzetto cinematografico a nuove vette, creando immagini suggestive che hanno contribuito a definire l’immaginario visivo del cinema italiano.

ANSELMO BALLESTER Adorazione, 1937

Renato Casaro è un altro nome di rilievo nell’ambito della grafica cinematografica italiana. La sua carriera si estende per oltre cinque decenni durante i quali ha lavorato con alcuni dei più grandi registi italiani, come Franco Zeffirelli, Bernardo Bertolucci e Sergio Leone, oltre ad essere amato e ricercato anche all’estero. Casaro ha contribuito a creare poster indimenticabili, capaci di condensare l’essenza dei film in una sola immagine iconica, tanto da essere stato scelto da Quentin Tarantino per firmare i manifesti di film immaginari per C’era una volta a… Hollywood.

Più descrittivi e pop sono invece i manifesti firmati da Bruno Napoli, altro talento italiano che ha lasciato un segno indelebile in questo settore. La sua carriera inizia da giovanissimo negli anni ’60 e continua fino alla morte nel 2003, ed è stato per anni l’unico cartellonista della Disney in Italia, apprezzato al punto che i suoi manifesti verranno usati anche per le edizioni estere.

BRUNO NAPOLI Red e Toby – Nemiciamici, 1981

Angelo Cesselon completa questo straordinario gruppo di “pittori di cinema” italiani. La sua carriera ha attraversato diverse epoche del cinema italiano e internazionale, contribuendo con il suo talento alla creazione di poster iconici per film di grandi registi come Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Luchino Visconti ed Ettore Scola. Le sue opere sono caratterizzate da una straordinaria capacità di resa dei volti degli attori, di grande espressività e magnetismo, e dai colori vibranti.

ANGELO CESSELON La conquista del West, anni ’50

Un altro gigante nel mondo dei bozzetti cinematografici, rappresentante della tradizione statunitense, è Drew Struzan, artista americano noto per il suo stile distintivo, fatto di dettagli meticolosi, cromie raffinate e composizioni dinamiche. Specializzato nel cinema d’azione e fantastico, Struzan ha firmato i manifesti della maggior parte dei film di Steven Spielberg e di tutte le grandi saghe, da Star Wars a Ritorno al Futuro e Indiana Jones. I suoi bozzetti sono dei veri capolavori, immagini ormai iconiche.

DREW STRUZAN Star Trek – Next Generation, 1999

Che siano italiani o hollywoodiani i manifesti cinematografici sono insomma opere d’arte a tutti gli effetti, e i loro bozzetti originali ancora di più, in quanto testimonianze di un processo artistico fatto di studio, prove, combinazioni differenti e spesso dialogo con i registi e le case di produzione. Un dietro le quinte nella costruzione dell’immaginario collettivo.

Tutti questi bozzetti (e tanti altri) verranno battuti in asta il 9 e 10 febbraio e li trovate all’interno dei cataloghi Bozzetti Cinematografici Parte I e Parte II.

I top lot di Finarte del 2023 del settore Arte

Quest'anno due opere a pari merito si sono contese il primato nella classifica dei lotti più importanti venduti in asta

La prima opera arriva dal catalogo dell’asta di Arte Moderna e Contemporanea del 9 novembre Rain di Jean Fautrier venduta in asta a € 248.090. Alla stessa cifra si posiziona anche un’opera dell’asta di Arte Figurativa tra XIX e XX Secolo, un ritratto ritrovato di Angelica Kauffmann del 1804.

Jean Fautrier Rain, 1959 / Angelica Kauffmann Ritratto femminile, 1804

Importante anche il risultato per Antonio Ligabue che si posiziona al secondo posto con ben due opere, l’autoritratto del 1960 e Gatto con topo venduti a € 223.690. Un momento di grande ritorno per uno dei più importanti artisti Naïf del XX secolo.

Un ottimo risultato anche per il Dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi che nel 2023 vede una crescita del 20% sull’aggiudicato superando abbondantemente il milione di venduto e si fa notare anche per due importanti aggiudicazioni: Diogene e Alessandro Magno di Giovanni Battista Langetti e il fantastico dipinto di Jan Soens Autoritratto del pittore con i due figli (opera aggiudicata agli Uffizi ed esposta all’interno del Museo della collezione Autoritratti inaugurata lo scorso 10 luglio).

Giovanni Battista Langetti Diogene e Alessandro Magno / Jan Soens Autoritratto del pittore con i due figli

Miglior risultato di sempre per il Dipartimento di Fotografia di Finarte con € 1.250.000 di venduto nel 2023, record italiano per le aste del settore. Il top lot è stato un lavoro di 33 stampe di Luigi Ghirri, Modena, dalla serie ‘KM 0,250’ venduto in asta a € 37.890. Risultati eccellenti anche per gli autori internazionali come Cindy Sherman, Peter Beard e Gregory Crewdson che ha segnato anche il suo record italiano.

Luigi Ghirri Modena, dalla serie ‘KM 0,250’ (dettaglio), 1973 /

Importanti risultati si sono visti anche per il Dipartimento di Fumetti e Tavole Originali con l’aggiudicazione di La telefonata di Hugo Pratt del 1965 per € 31.200 che raggiunge cosi la tavola di Erik Larsen Spider-Man – Revenge of the Sinister Six aggiudicata nel 2021 alla stessa cifra.

Tutti i Dipartimenti dei settori dell’arte hanno visto una forte crescita nel 2023 in termini di risultati confermando il trend positivo con vendite che ci mostrano come i collezionisti rispondano sempre con partecipazione alla qualità delle opere e alla loro storicizzazione. Oltre ai maestri stranieri di livello internazionale, la nostra proposta rimane aperta alla ricerca della storia e dell’espressività, cercando di valorizzare il nostro patrimonio artistico culturale e aprendoci a collezionisti e investitori sempre interessati e stimolanti.

Finarte da gennaio torna in Piazzetta Bossi

Dopo dieci anni dal suo rilancio Finarte riaprirà le porte della sua storica sede di Piazzetta Bossi

Il 15 gennaio Finarte tornerà nella sede di Piazzetta Bossi, luogo che dal 1969 al 2010 è stato l’iconica casa del marchio. La notizia è stata accolta con grande entusiasmo da parte dei nostri clienti, collezionisti e appassionati d’arte, che hanno sempre associato questo luogo a momenti indimenticabili e lo ricordano come palcoscenico di aste straordinarie e incontri culturali significativi.

Con la riapertura di Piazzetta Bossi, Finarte intende continuare a consolidare la sua posizione come leader delle aste in Italia e mira a rafforzare la sua presenza nel panorama artistico internazionale, offrendo un nuovo spazio iconico e di valore per la vendita di opere d’arte, gioielli e oggetti di pregio.

L’apertura delle porte di Piazzetta Bossi segna un nuovo capitolo nella storia di Finarte, promettendo un futuro ricco di appassionanti aste e scoperte artistiche nella cornice suggestiva e storica che ha fatto la storia della casa d’aste.

Chiusura uffici

Consulta le date di chiusura del periodo festivo

I nostri uffici di Milano rimarranno chiusi per le festività dal 30 dicembre al 14 gennaio e riapriranno il 15 gennaio nella nuova sede di Piazzetta Bossi in Via dei Bossi 2.

I nostri uffici di Roma invece rimarranno chiusi dal 27 dicembre e riapriranno lunedì 8 gennaio.

Dante, questo sconosciuto

Forse non tutti sanno (o non lo ricordano) che Dante Alighieri non ha scritto solo la famosa Commedia.

Dante oltre ad essere il grande poeta assoluto che tutti conosciamo, fu anche uno straordinario filosofo, politico, linguista, addirittura pre-scienziato. La sua produzione spazia tra generi diversi, alcuni letteralmente ideati da lui o da lui letteralmente rivoluzionati, in un’epoca in cui pensiero e scrittura ancora dovevano trovare forme nuove ed adatte ad esprimere la modernità. Perché la Firenze del Trecento era davvero una metropoli moderna, attiva, vivace intellettualmente. Un faro di civiltà dove Dante nacque, visse e si formò. E in quell’humus produsse i suoi capolavori: usiamo il plurale perché non solo la Commedia, ma anche altre sue opere hanno segnato la storia e lo sviluppo del pensiero occidentale.

DANTE ALIGHIERI Convivio, 1490

Pensiamo al Convivio (lotto 1 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Già dal titolo è chiaro lo scopo dell’opera: si tratta di proporre un “banchetto” dove ognuno si ciba di ciò che più gli piace e i piatti sono assaggi della sapienza – le canzoni – accompagnati dal pane, ossia dal commento in prosa. Il tutto espresso in lingua volgare, in quella lingua destinata al grande pubblico che ignorava il latino ma che non per questo non desiderava di attingere alla conoscenza.

Come dichiara nelle righe iniziali, “tutti gli huomini naturalmente desiderano di sapere” ma sono da diverse ragioni impediti. Un Dante magnanimo e democratico cerca in questo modo di offrire ai suoi lettori il pane degli angeli: “O beati quelli pochi che seggono a quella mensa: dove il pane degli angeli si mangia et miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo…”. Opera del Dante più maturo, scritta agli inizi del Trecento forse al Bologna, il Convivio ha molto in comune con opere precedenti quale la Vita Nova, ma da questa si distacca perché sostituisce all’amore per una donna, l’amore per il sapere. Da Beatrice insomma alla “donna gentile” simbolo della Filosofia. E il trattato, un prosimetro come la Vita Nova (cioè un testo misto di versi e prosa), racchiude come in una grande summa medievale tutti i temi del tempo: cosmologia, metafisica, politica e tanto altro.

DANTE ALIGHIERI, BOCCACCIO, GIOVANNI Vita Nuova – Origine, vita, studi e costumi del chiarissimo Dante Allighieri…fatta, e compilata dall’inclito m. Giouanni Boccaccio, 1576

Ho menzionato la Vita Nova, l’altro celebre prosimetro in questo caso giovanile di Dante, la cui prima edizione uscirà tardi nel Cinquecento (lotto 10 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Opera giovanile composta di 31 liriche, scelte fra quelle scritte fra il 1283 e il 1295 e collegate da un commento in prosa che presenta le ragioni delle poesie, sia interne che esterne, viste come un discorso unitario, svolto nella continuità progressiva di una storia poetica e spirituale. Dall’amore disinteressato per Beatrice, creatura venuta “di cielo in terra a miracol mostrare”, fino ad una radicale “renovatio” della vita spirituale del poeta che lo indurrà a produrre rime nuove, intrise di un più profondo intelletto d’amore. Opera di non facile comprensione perché fortemente allusiva, ma proprio per questo sempre affascinante e stimolante. Un’opera che dialoga con tutta la coeva produzione poetica toscana, degli amici Cavalcanti, Guinizelli, Guittone etc., per inserirsi in un filone poetico da cui però immediatamente staccarsi verso nuovi obiettivi, che condurranno alla Commedia.

DANTE ALIGHIERI Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di m. Cino & di m. Girardo Nouello, 1518

Le rime di Dante sono da subito circolate manoscritte e, in modo disorganico, in varie raccolte a stampa. Una di queste porta il titolo Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di M.Cino e di M.Girardo Novello. Una raccolta rara e preziosa stampata a Milano nel 1518 (lotto 12 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), per celebrare per la prima volta “Dante come poeta lirico in maniera indipendente rispetto alla Commedia”. È esistita dunque una fama solida e consolidata anche del Dante minore, soprattutto lirico, tramandata da raccolte come queste. Si tratta di un’edizione chiaramente popolare, per tipo di formato, impaginazione, carattere adottato. Una raccolta di rime destinata al grande pubblico del volgare, attirato dal nome già ampiamente famoso, ma anche da una produzione che si proponeva in alternativa al modello Petrarca. Insomma, al Dante delle terzine della Commedia si sovrapponeva un Dante “innamorato”, autore di liriche che potevano ben circolare a fianco dei versi immortali della Commedia per essere lette a sé stanti, imparate a memoria, gustate per una certa immediata fruibilità.

Ma insieme al Dante lirico, agli inizi del Cinquecento la stampa scopre anche altre opere dantesche, strategiche nel panorama culturale italiano. Nel 1529 un intellettuale vicentino, Gian Giorgio Trissino, decide di offrire al grande pubblico del volgare la prima traduzione del De Vulgari Eloquentia (lotto 11 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), il trattato di Dante sulla lingua. Scritto in latino e pubblicato nella sua veste originaria la prima volta solo nel 1577, quando Trissino decise di darne una traduzione in volgare nel 1529 sarà per una precisa ragione strategica: erano gli anni in cui si discuteva in Italia quale forma dovesse assumere la lingua italiana, a quali modelli ispirarsi tra i vari dialetti parlati, e l’opinione di Dante in materia era davvero preziosa e importante. Una nazione ancora inesistente (l’Italia del Cinquecento era un coacervo di Stati e staterelli in perenne lotta tra loro) cercava però di darsi prima ancora di un’unità politica (che sarebbe giunta oltre tre secoli dopo!), un’unità linguistica. Una lingua comune da tutti compresa e scritta, prima ancora che parlata. La traduzione di Trissino del 1529 serviva a fornire un ulteriore spunto al dibattito linguistico, che non era dibattito tra addetti ai lavori ma discussione viva, sentita a più livelli, perché una nazione si riconosce innanzi tutto da una lingua comune e l’Italia in questo fu nazione letteraria molto prima che politica.

DANTE ALIGHIERI, ALCIATI, ANDREA De formula romani Imperi – De Monarchia, 1559

E di politica Dante se ne intendeva, come dimostra non solo il significato intrinsecamente politico sotteso alla Commedia, ma soprattutto il suo Monarchia (lotto 26 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), un trattato in tre libri di argomento politico, scritto da Dante in lingua latina. Composto con l’intento di difendere i diritti dell’Impero contro le pretese della Chiesa e l’ostilità dei guelfi, puntava a dimostrare – a coloro che volevano la distruzione dell’Impero – che esso era necessario per la felicità del genere umano; in secondo luogo opponeva a coloro che indebitamente aspiravano a sostituirsi all’imperatore, che soltanto il romano Impero era tale di diritto, perché voluto dalla divina Provvidenza; e finalmente, contro la dottrina ierocratica che riservava alla Chiesa il diritto di ratificare con la “confirmatio” la scelta degli elettori, conferendo legalmente all’eletto la corona di rex Romanorum e il diritto di amministrare l’Impero, Dante sostiene che l’imperatore riceve la sua autorità direttamente da Dio, e non dalle mani del pontefice. Una visione moderna, in linea con il suo pensiero politico, volta a sottolineare la divisione tra i poteri, tra Impero e Chiesa, tra potere divino e umano. Una posizione che però, forse in pochi lo sanno, causò a Dante l’accusa di eresia. Nel 1327 Bertrando del Poggetto, nominato cardinale e legato pontificio nell’Italia centrale da suo zio e protettore, il papa avignonese Giovanni XXII, avrebbe voluto dare pubblicamente alle fiamme le ossa di Dante, riuscendo però nel 1329 a far bruciare sul rogo a Bologna il suo trattato politico, la Monarchia, accusata di eresia. Damnatio proseguita nei secoli successivi, sia con la proibizione della Divina Commedia, poi messa dall’Inquisizione nell’Index librorum expurgantorum del 1613 (se ne poteva consultare una breve versione espurgata, cioè orribilmente censurata e mutilata), sia con la condanna ufficiale della Monarchia, relegata nel primo Index librorum prohibitorum del 1559, e lì confinata fino a quando l’Index fu finalmente soppresso, nel 1966, dopo oltre 4 secoli. E dunque il pensiero politico di Dante non fu mai ortodosso alla Chiesa, perché il sommo poeta fu storicamente il primo teorico occidentale della separazione tra politica e religione. E la Commedia e altri suoi scritti pullulano di feroci invettive antiecclesiastiche e antipapali.

DANTE ALIGHIERI Questio florulenta ac perutilis de duobus elementis aquae & terrae tractans […], 1508

Pochi forse sanno, infine, che Dante fu autore anche di un trattato pseudo-scientifico di natura Fisica, impostato secondo il modello medievale della “quaestio”, ovvero si pone una domanda e si cerca razionalmente di sviscerare il problema, argomentando con ragioni e dimostrazioni. Il metodo è scientifico ma le basi fisiche su cui si fonda ovviamente risentono della visione del mondo tutta medievale di Dante. Ma quel che conta è la forza argomentativa, non solo retorica, posta in essere da Dante nella sua Quaestio de aqua et terra (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe).

“Cardine del modello cosmologico accettato dall’autore della Quaestio è l’identificazione del centro della Terra con il centro dell’universo. Intorno al centro si dispongono ordinatamente le sfere degli elementi terra, acqua, aria e fuoco che compongono il mondo sublunare. L’acqua sarebbe perciò esterna alla terra, o in altre parole dovrebbe ricoprirla uniformemente: ma poiché questo non avviene la questione è se la terra emersa, cioè la parte abitabile del globo, possa essere più alta (o più ‛ esterna ‘) rispetto alla superficie dell’acqua – e in tal caso occorre giustificare, individuandone la causa finale e la causa efficiente, l’infrazione delle premesse teoretiche; ovvero se l’acqua rimanga più alta – e in tal caso è necessario demolire o almeno reinterpretare ciò che l’esperienza dei sensi manifesta in contrario. L’autore della Quaestio si attiene alla prima soluzione, impegnandosi perciò a controbattere gli argomenti addotti a favore della seconda tesi nella discussione avvenuta a Mantova: e si osservi fin d’ora che altre tesi riconducibili a principi cosmologici differenti (per esempio che terra e acqua formino un’unica sfera di cui l’acqua occupa le cavità) rimangono assolutamente eterogenee rispetto all’ambito entro il quale si affrontano le tesi contemplate nell’operetta”. (Treccani on line, sub vocis).  

BOCCACCIO, GIOVANNI Vita di Dante Alighieri poeta fiorentino, composta per messer Giouanni Boccaccio, 1544

Un Dante dunque che non finisce di stupirci anche oltre la Commedia, e questo anche i suoi contemporanei l’avevano ben capito: si veda la celebre Vita di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), dove uno dei suoi più ammiratori ne traccia una biografia fedele, puntuale ma anche entusiasticamente ammirata. E questa profonda ammirazione per il multiforme ingegno dantesco, nei secoli, non si è mai affievolita.

Tutti questi libri verranno battuti in asta il 15 dicembre e li trovate all’interno del catalogo di Libri, Autografi e Stampe.

Gio Ponti: anche Palazzo Bo parla il suo “codice”

Armonia nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto: la stessa armonia che appartiene a tutte le opere del grande Maestro

Nel 2022 l’Università di Padova ha riaperto le porte dello splendido Palazzo del Bo, dopo un importante lavoro di restauro. È stata così ridata alla luce, una seconda volta, l’imponente opera artistica del Maestro Gio Ponti, designer e architetto milanese che non ha bisogno di presentazioni, legato da un rapporto unico e irripetibile proprio con la prestigiosa università veneta.

Negli anni 1938-1943, infatti, nel corso della stagione di lavori edilizi che hanno interessato l’Università di Padova durante il rettorato di Carlo Anti, Gio Ponti fu incaricato dell’ideazione degli arredi destinati a Palazzo Bo e Palazzo Liviano. Tavoli, scrivanie, sedute, tavoli, armadi, scaffali, come anche le porte e i pavimenti, vennero tutti realizzati, nel corso di pochi anni, da ditte locali sulla base dei disegni realizzati da Ponti appositamente per l’Università.

Sono stati restaurati, tra il 2021 e il 2022, centinaia di questi oggetti; tutti arredi degli anni ’40 non musealizzati, ma collocati in spazi a tutt’oggi utilizzati come luoghi di lavoro, affrontati con rigoroso approccio filologico al fine di restituire forme, colori e finiture del progetto originario.

Nel mese di settembre 2023, Finarte ha avuto l’occasione unica di poter vedere questi ambienti in visita privata. Vincenzo Santelia, Amministratore Delegato, Ilario Scagliola, Responsabile Dipartimento di Design e Arti Decorative, e Salvatore Ferraiuolo, Coordinatore di Dipartimento, sono stati ricevuti dalla Pro Rettrice con Delega al Patrimonio Artistico Storico Culturale dell’Università di Padova, la Professoressa Monica Salvadori, che ha consentito un incontro di grande spessore artistico-culturale e realizzato un’occasione di scambio su un tema estremamente caro al Dipartimento: l’opera di Gio Ponti.

La visita nasce da uno scambio epistolare tra la Pro Rettrice e Ilario Scagliola, che ha sottoposto all’Università il suo saggio Comprendere Gio Ponti e la bellezza matematica delle cose.

Scagliola ha elaborato in questo testo una chiave di lettura innovativa, un’ipotesi di ricerca che gli ha permesso di decifrare un vero e proprio Codice Pontiano che ne sviscera l’opera dal punto di vista filosofico/intellettuale ma allo stesso tempo la disvela come qualcosa di concreto e misurabile.
È infatti arrivato a creare una griglia, unica nel suo genere, che consente di riconoscere le opere di Ponti attraverso una modalità che può essere definita scientifica.

Secondo il responsabile del dipartimento di Design e Arti Decorative, questo poteva proprio essere il modo con cui Gio Ponti realizzava la maggior parte delle sue opere: partendo da un’idea e con il suo stile ben definito, ragionava geometricamente per progettare trame di tessuti, edifici, mobili, complementi d’arredo. Non si trattava di una geometria casuale ma di una griglia ben precisa.

“Lavorava su questa griglia per disegnare così come proponeva di farlo per arredare”

(Domus 04/1938 n.124)

Attraverso un sistema di moduli e la mappa degli appartamenti visti dall’alto, Ponti suggeriva di ritagliare i propri arredi per posizionarli all’interno della mappa e “giocare” con i vari elementi, per identificare la soluzione più consona al proprio gusto. È stato quindi molto interessante, per Finarte, potersi confrontare su questa tesi con l’Università che è sicuramente uno dei massimi depositari di una conoscenza approfondita dell’operato di Ponti.

Oltre alle misure della griglia, è stato possibile ragionare anche sulle scale di colore utilizzate dal Maestro. Ogni scelta in termini di restauro (vernici, finiture, forme, colori, dettagli, misure), è stata presa a partire da un minuzioso riesame della ricca documentazione custodita presso l’Ateneo: l’Archivio storico dell’università conserva ancora infatti i disegni e i progetti di Gio Ponti. L’aspetto chiaramente più sfuggente è rappresentato dalle scelte cromatiche dei rivestimenti, genericamente indicate nei disegni (“rosso cupo”, “verde 35 34”, “bruno cupo testa di negro con profili cuoio naturale”): a guidare la scelta in questi casi sono state da un lato il riesame della tradizione Ponti, dall’altro lo studio delle palette di colori in voga all’epoca.

Anche su questi aspetti l’analisi di Ilario Scagliola può dare un prezioso contributo al modus operandi di Gio Ponti. Il Codice Pontiano emerge infatti nelle scale cromatiche utilizzate, che non sono mai frutto del caso ma di un rigoroso studio fatto di proporzioni perfette.

Attraverso forme, misure, materiali, colori e decorazioni ben precise, Ponti è in qualche modo riuscito a trasmettere una vibrazione che in qualche modo può essere paragonata a quella che c’è in Natura, capace di trasmettere armonia. Armonia che risiede nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto. Anche Palazzo dal Bo parla questo codice, e nelle sue stanze si respira la stessa armonia, che di fondo appartiene a tutte le opere di Ponti.

Opere di Gio Ponti che Finarte è lieta di presentare anche nella prossima asta di Design e Arti Decorative, in programma il 15 e 16 novembre, insieme ad una splendida inedita collezione di epistolari privati del Maestro con Lidia Tabacchi, direttrice della rivista Novità a partire dalla fine degli Anni Cinquanta.

Un ultimo ringraziamento all’Università che ha permesso un confronto su un tema così interessante e ancora così poco approfondito, proprio nell’afflato del motto che la contraddistingue da secoli: Universa Universis Patavina Libertas – tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova

“Questa vita di una rarissima donna…”: su un ritratto ritrovato di Angelica Kauffmann

Una scoperta che arricchisce ulteriormente il catalogo della pittrice svizzera

Potremmo definirla una cittadina del mondo, oggi, Angelica Kauffmann; lo riconobbe già Winckelmann:

“La giovinetta di cui parlo è nata a Coira, ma fu condotta per tempo in Italia da suo padre, che è pure pittore; parla assai bene l’italiano e il tedesco […] Parla inoltre correntemente il francese e l’inglese […] Si può chiamare bella e gareggia nel canto con le nostre migliori virtuose. Il suo nome è Angelica Kauffmann”

Tali prerogative le ritroviamo anche nei suoi ritratti, che non idealizzano l’effigiato ma lo ammorbidiscono e lo sfumano verso ideali del bello.

L’attraente e giovane donna che si presenta con un abito trasparente e scollato, difficilmente poteva avere più di vent’anni quando Angelica Kauffmann la dipinse a Roma. Appartiene agli ultimi anni romani della pittrice ed è tipico del periodo 1800-1806, contraddistinto dalla realizzazione di una serie di ritratti femminili in cui le effigiate vestono alla moda del tempo.

La gioielleria particolarmente raffinata che indossa indica un contesto nobiliare. Insolito è il ciondolo dorato a forma di freccia con un fiocco appeso ad una catena a maglie d’oro posta due volte al collo, forse simbolo o pegno d’amore.

Lotto 9 – ANGELICA KAUFFMANN Ritratto femminile, 1804

Secondo lo stato attuale della ricerca, l’identità della giovane donna risulta sconosciuta. Nemmeno l’iscrizione al retro della cornice fuga i dubbi su chi possa essere, ma ciò che emerge è di certo la qualità dell’opera dove Angelica mette in evidenza le sue doti, non seconda a nessun collega dell’epoca. Ne è prova anche la testimonianza di Goethe, del quale la pittrice si innamorò:

“Guardar quadri con lei è assai piacevole; tanto educato è il suo occhio ed estese le sue cognizioni di tecnica pittorica”.

La notevole scoperta, avvenuta grazie ad un percorso condiviso con la dott. Bettina Baumgärtel, responsabile dell’Angelica Kauffmann Research Project, è un ulteriore tassello ed arricchisce il catalogo di Angelica quanto gli occhi di chi la vede ora per la prima volta; come noi.

L’opera verrà battuta in asta il 19 ottobre e la trovate all’interno del catalogo di Arte Figurativa tra XIX e XX Secolo.

Il valore culturale ed economico di libri e manoscritti. Esperienze di un trentennio.

Cosa determina il valore di un libro? Ce lo spiega Fabio Massimo Bertolo, Senior Specialist di Libri, Autografi e Stampe

Di cosa parliamo quando ci riferiamo al valore di un oggetto? Da un lato vi è quello culturale, storico, ideale, dall’altro quello “venale”. Definizione Treccani di valore: “il pregio che un’opera, spec. d’arte o dell’ingegno, ha indipendentemente dal prezzo che può valere in base a considerazioni varie, sia materiali e concrete …, sia storiche, tecniche, estetiche etc. (antichità, importanza storica e documentaria, rarità, perfezione di fattura ed esecuzione etc.), ora oggettive, ora soggettive…”

In una casa d’aste si percepiscono e sperimentano diversi tipi di valore. Dietro ogni oggetto offerto in asta, a seconda delle sua categoria, vi possono essere differenti gradazioni: nel gioiello è estremo il valore concreto e materiale dell’oggetto, nel dipinto il valore artistico dell’ispirazione, nella macchina d’epoca il valore funzionale ed estetico, del documento antico il valore storico, nell’arte contemporanea il valore estetico unito alla capacità astrattiva dell’idea (il pensiero fattosi arte) ecc.

Emilio Gadda, Taccuini di Guerra, 1917, venduto a € 37.460 nel 2019

Scopo di una casa d’aste è tradurre tutti questi vari attributi del valore, in un prezzo: il valore commerciale dell’opera. In realtà si tratta inizialmente di una stima, la base di partenza della vendita all’asta, che poi a vendita completata si concretizza nel valore dell’opera, reale e concreto. Le aste hanno questo di peculiare, che pongono le opere d’arte in vendite pubbliche in grado di determinarne il loro reale valore economico e commerciale.

Ogni opera d’arte è un oggetto, dunque una merce che sottostà alle leggi di mercato. Molte opere d’arte sono nate per il mercato, altre no (pensiamo a lettere e documenti storici). Attribuire un valore commerciale, ovvero dare un prezzo a questi oggetti, è il delicato compito dell’esperto di una casa d’aste.

Come si crea questo valore, o meglio come si elabora la stima di un’opera d’arte?

Il valore si crea principalmente sul principio di analogia: ogni oggetto offerto in asta è analogo ad altri oggetti (opere d’arte) offerti in precedenza. Non esiste un valore economico assoluto di un un’opera d’arte, ma il valore è decretato dalla relazione che quell’oggetto instaura con altri oggetti analoghi.

Se dovessimo stimare un taglio di Fontana potremmo riferirci a innumerevoli vendite di opere analoghe, comparse sul mercato negli ultimi anni, per stabilire una plausibile base di partenza, ovvero stima. Non sempre ciò è possibile in ragione del fatto che alcune opere compaiono più raramente sul mercato, penso ad esempio ad autografi e manoscritti, ma anche in questi casi l’esperienza e la capacità dell’esperto riescono a determinare un valore di partenza, sicuri che il mercato poi faccia la sua parte.

Primo Levi, Pagina autografa firmata di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, 1950, venduto a € 18.860 nel 2019

La stima di un libro di pregio, per tornare al nostro ambito d’attenzione, si basa sostanzialmente su tre criteri: l’indice di rarità, lo stato di conservazione e, determinante, la legge della domanda e dell’offerta.

Per indice di rarità intendo la sopravvivenza di un determinato numero di copie in relazione alla tiratura iniziale: al di sotto delle 10 copie sopravvissute, un’opera può definirsi decisamente rara. Come faccio a monitorare tale dato? Per gli incunaboli e le cinquecentine posso affidarmi ai repertori online esistenti (IISTC e Edit16), mentre per le edizioni dei secoli successivi vale soprattutto esperienza e conoscenza del mercato, oltre che della storia del libro.

Luca Pacioli, Suma de Arithmetica Geometria Proportioni & Proportionalita, 1494, venduto a € 524.460 nel 2019

Il secondo indicatore è lo stato di conservazione dell’esemplare, che può assumere differenti livelli di gradazione. Il livello massimo è quello in cui l’esemplare si sia conservato in tutto e per tutto (legatura inclusa) nelle sue condizioni originarie, ovvero come è uscito dal torchio e dalla bottega del legatore. I danni del tempo, anche se emendati da accurati restauri, deprezzano le copie a volte in modo molto consistenti, perché essendo i libri multipli è sempre possibile trovare una copia in condizioni decisamente migliori.

Terzo elemento da valutare è la legge di mercato, ovvero domanda/offerta. Anche l’oggetto d’arte, di pregio, da collezione, è una merce e dunque risponde alla legge base di ogni mercato. Domanda e offerta determinano il valore di un oggetto: se la domanda è alta e l’offerta scarna, il valore sale, viceversa se l’offerta è alta e la domanda bassa, il valore decresce.

Grazie Deledda, Manoscritti, carteggi, epistolario, dipinti, 1920, venduto a € 219.460 nel 2019

Vi sono oggetti indubbiamente rarissimi ma poco richiesti dal mercato, il loro valore sarà inconsistente. Vi sono oggetti non rari ma molto richiesti dal mercato, il loro valore sale considerevolmente. Influiscono su questa legge di mercato anche le mode, i gusti di un’epoca, gli interessi e le passioni non solo del singolo ma anche delle comunità. La legge della domanda e dell’offerta determina se un bene è richiesto o meno dal mercato, e da queste ne discende direttamente il suo valore commerciale (integrato dai due indicatori prima segnalati).

Il mercato dell’arte è attentamente monitorato da vari motori di ricerca e database in molte categorie del collezionismo. Nel settore dei libri e dei manoscritti, ad esempio, esiste un accurato e aggiornato database dal titolo Rare Book Hub (dove si accede per abbonamento) che registra tutte le vendite all’asta degli ultimi 50-60 anni, con un livello di precisione e attendibilità assoluto. Al suo interno si possono così trovare vendite analoghe di edizioni, da confrontare con le copie in proprio possesso.

Ardengo Soffici, Simultaneità e Chimismi lirici, 1915, venduto a € 13.900 nel 2021

Altro strumento valido ma da utilizzare con sapienza, sono i motori di ricerca specializzati in libri antichi e di pregio. I più famosi sono Vialibri, Maremagnum, Abebooks etc., tutti facilmente consultabili tramite una finestra di dialogo in cui inserire i dati essenziali per la ricerca. I risultati che si otterranno vanno però attentamente vagliati, perché il valore di un’edizione può differire enormemente da esemplare ad esemplare: bisogna saper leggere dentro la descrizione fornita dal libraio, per intuire il pregio o i difetti della copia. Rimangono comunque strumenti utili per comprendere la rarità di una determinata edizione e per farsi un’idea del valore medio della stessa.

INCUNABOLO – LACTANTIUS, LUCIUS COELIUS FIRMIANUS, Opera, 1468, venduto a € 77.100 nel 2022

Il mercato dei libri antichi e di pregio, nonché dei manoscritti, ha subito negli ultimi anni delle piccole rivoluzioni. La più rilevante, sembra ovvio dirlo, è conseguenza dell’avvento di Internet. La rete ha reso disponibile, in modo esponenziale, una serie di opere ed edizioni possedute e offerte sul mercato da librerie di tutto il mondo: il concetto di rarità di un’edizione si è così modificato col tempo, e quello che una volta appariva come “raro e introvabile” ora è diventato alle volte comune e di facile reperimento.

L’allargamento dei confini del mondo del collezionismo ha creato una comunità di appassionati diffusa in tutti i continenti, che naviga in rete e compra ed offre tutto a tutti. L’effetto più visibile sulle case d’asta è stato un ampliamento straordinario della platea di riferimento: la percentuale di clienti stranieri che ormai affollano la piattaforma online di Finarte (la più attiva nelle nostre vendite all’asta) cresce ogni anno a doppia cifra.

Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, 1499, venduto € 99.060 nel 2022

Negli ultimi cinque anni, il numero di collezionisti stranieri che acquistano nel settore libri si è più che raddoppiato: questo comporta un’attenzione da parte della casa d’aste nel calibrare sempre meglio l’offerta, verso un mercato decisamente internazionale che cerca un certo tipo di opere e non altre. Ma l’offerta di libri rari e di pregio in Italia è quasi inesauribile, in ragione della sua lunga e autorevole storia, per cui soprattutto verso l’Italia si concentra l’attenzione dei mercati esteri.

Per richiedere una valutazione di un libro antico, di un manoscritto o di un’edizione moderna ai nostri esperti contattare il dipartimento: libriestampe@finarte.it