olio su tela
cm 79 x 137,5
firmato in basso a sinistra: LGioli
al retro, sul telaio, etichetta della Bottega d'Arte di Livorno
Venezia, Esposizione Nazionale Artistica, 1887;
Firenze, Società d'Incoraggiamento delle Belle Arti, 1887;
Bologna, Grande esposizione emiliana, 1887/88;
Milano, Esposizione Triennale di Belle Arti, 1891, n. 238
Kunstchronik, Wochenschrift fur Kunst und Kunstgewerbe, 1887/88, 2 februar, n. 17, p. 267;
A. De Gubernatis, Dizionario degli Artisti Italiani Viventi. Pittori, scultori e architetti, Firenze, 1889, p. 231;
A. De Gubernatis, Piccolo Dizionario dei Contemporanei Italiani, Roma, 1895, p. 458;
G. Biagi, Chi è? Annuario biografico italiano, Firenze, 1908, p. 143;
E. Matucci, I macchiaioli di Renato Fucini, Firenze, 1985, p. 94;
A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, 1962, ad vocem
Considerato dalla critica il capolavoro di Luigi Gioli, il primo a parlarne con toni entusiastici fu Luigi Chirtani, che lo vide per la prima volta esposto a Venezia nel 1887, anno della sua realizzazione, e quindi a Bologna nello stesso periodo. Il severo critico riportò una recensione talmente mimetica da essere a sua volta immortalata nelle pagine del celebre repertorio De Gubernatis: "Il Gioli guadagna ancora nell'opinione già elevata che si ha del suo talento con un Ponte alla Carraia, sul quale si incontrano equipaggi signorili, carri plebei, dame e popolino in un giorno di pioggia. Anche per chi ricorda i quadri analoghi di De Nittis, questo del Gioli si regge e si tiene alto per pregi di forza nella finezza e resta il miglior dipinto da lui mandato a questa Mostra". L'accostamento a De Nittis, più che alla tradizione macchiaiola, non è una mera suggestione; Firenze viene, infatti, raccontata alla stregua di una Parigi moderna, con passanti che incombono sulla scena descritti con uno stile incredibilmente già novecentesco, che contrasta la precisione con la quale Gioli indugia sui cavalli. Non dobbiamo dimenticare anche l'influenza esercitata dal fratello Francesco, il quale si allontana proprio in questi anni, dal naturalismo di tradizione toscana verso una pennellata impressionista che proietta i Gioli verso una palcoscenico internazionale.