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Libri, Autografi e Stampe

giovedì 20 giugno 2019, ore 11:00 • Roma

11

Levi, Primo

Pagina autografa firmata di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, 1950

Stima

€ 8.000 - 10.000

Lotto venduto

€ 18.860

I prezzi di vendita comprendono i diritti d'asta

Informazioni

Pagina autografa e firmata da uno dei quaderni manoscritti di Se questo è un uomo, due facciate, 200 x 150 mm. raccolta in cornice di vetro, 40 righe di testo scritte a penna con grafia minuta e sottile, numerose correzioni e revisioni.


Se questo è un uomo esce in prima edizione nel 1947 presso l’editore torinese De Silva, dopo che era stato rifiutato da Einaudi, che invece pubblicherà la seconda edizione del 1958. “L’edizione del 1947…è un libro più secco e duro rispetto all'edizione successiva. (…) testo immediatamente letterario…ma anche più diretto e meno raffinato nella struttura e nell’articolazione interna rispetto a quello del 1958.” Le due edizioni si possono dunque leggere come due libri autonomi, la seconda è quella che ha tramandato in generazioni di lettori l’immagine di Levi, mentre la prima suona come un esordio inaudito, nel senso letterale del termine, come “se fosse possibile ascoltare la sua voce come se fosse la prima volta”.
Il passaggi tra la prima e la seconda redazione dell’opera è testimoniata da una consistente quantità di testimoni, perché Levi è un autore che continua incessantemente a lavorare ai suoi scritti, aggiungendo,togliendo, correggendo, con una modalità che il critico Tesio ha definito“tessere” ovvero forme di pensiero e scrittura breve che vengono inserite e tolte come in un grande spartito. “Il laboratorio delle varianti, dai primi dattiloscritti alla versione del 1947, poi alle aggiunte del 1958, e persino i brani non utilizzati in questa nuova edizione, ci permette di capire come Levi lavori per accumulo, per inserimenti, aggiunte, come se il libro fosse uno spartito aperto in cui è possibile mettere una nota, o una manciata di note,senza con questo modificare l’insieme della sinfonia, o almeno il suo ordine generale, per quanto senza quelle note l’opera non sarebbe più la stessa.Questo porta a considerare ogni frase come avente un valore in sé, ed è qui che risiede la forza impressiva della sua scrittura. Tuttavia in ogni singola frase, anche in quelle scartate o non usate, è contenuto il disegno generale dell’opera, come se fosse un ologramma, così che spezzando ogni pagina, o brano, fino ad arrivare alle singole frasi, si finisce per ritrovare il disegno d’insieme che presiede al libro.” (P.Levi, Opere complete - I, Torino, Einaudi, 2016, p.1466).
La pagina in questione proviene probabilmente da un quadernetto autografo che Giovanni Tesio dichiara di aver visionato intorno al 1976-’77, la carta a quadretti e l’ingiallimento progressivo fanno propendere per tale ipotesi. Il foglio venne poi firmato da Levi in data successiva, all’atto del dono. Il testo che trasmette è tra i più interessanti del libro: si tratta della parte finale di Iniziazione, un breve capitoletto non presente nell’edizione 1947 ma che l’urgenza espressiva e vari ripensamenti lo indurranno a inserire nell’edizione del 1958. Quattro fogli dattiloscritti in copia cartacarbone che contengono per la prima volta il tema della testimonianza, che nell’edizione 1947 risulta sottesa e mai esplicitata, ma che qui assume forma piena e solenne.
Il foglio presente nella parte superiore 6 righe cancellate,ma che lasciano intravedere una versione antecedente del passo in questione. Al centro della narrazione è la figura di Steinlauf, il secondo tedesco buono che ha combattuto con onore la Prima guerra mondiale con gli austriaci, “croce di ferro della guerra ’14-‘18”. Il suo messaggio forte e prende spunto dal gesto di assoluta normalità del lavarsi accuratamente, un atto volto ad evitare l’abbrutimento, lo scadimento dall’umanità alla condizione disumana, bestiale: “…perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non  dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e si deve voler sopravvivere; ma che per farlo occorre salvare sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma del vivere civile.” Nella versione poi andata in stampa, compare un inserto estremamente significativo che qui è assente: dopo “si deve voler sopravvivere” Levi aggiunge nella versione finale una sorta di distico morale, “per raccontare, per portare testimonianza”. Qui,per la prima volta compare il tema della testimonianza, dell’obbligo morale e del valore che assume la parola del Testimone nei confronti della storia:perché tutto questo non accada bisogna RACCONTARLO, portarne testimonianza. Ma nella pagina in questione tutto questo non compare ancora, siamo in una fase precedente in cui ancora Levi non ha pienamente maturato tale passaggio.Rispetto alla versione a stampa questa non è la sola “sottrazione” presente, vi sono altri passaggi rivisti, una frase aggiunta del sergente Gluck, (alias Eugenio Glucksmann, alias Steinlauf, lo pseudonimo con cui Levi denominò il sergente) ma soprattutto un finale completamente diverso. Le otto righe finali risultano diverse rispetto alla versione finale andata in stampa e configurano una differente sorte per Glucksmann. Su una striscia di carta incollata Levi ipotizzò un’altra conclusione, trascritta a p.1465 dell’edizione completa delle Opere, la quale differisce dalla presente versione per alcuni sostanziali aspetti.
Dunque esistono di questo passo tre diverse versioni, di cui questa sembrerebbe essere la più datata; nelle altre due il testo evolve verso la conclusione adottata nell’edizione del 1958, una diversa interpretazione della morale di Glucksmann che qui, tra le righe ingiallite di questo foglio,non aveva ancora trovato spazio. Qui, l’insegnamento di Glucksmann, “uomo di volontà buona”, rimane ancora lezione valida e degna di memoria, fino al giorno in cui “nessuno sa come, dove e quando, furono spenti dalla violenza cieca la sua virtù forza e il suo valore.” Significativa la cancellatura finale,quel sostituire ‘forza’ a ‘virtù’ destituendo di valore morale i principi di Glucksmann.
Due pagine memorabili, segno della fatica della scrittura in Levi, della costruzione dolorosa di una memoria personale che diventa collettiva nel momento in cui si stende sulla pagina, qui solo manoscritta, ma pronta già a diventare materiale utile per le conclusive versioni a stampa. Ed è in questo continuo movimento del testo che si scorge la grandezza narrativa di Primo Levi, segno di un pensiero che fa fatica a convertirsi in scrittura, per la sua altezza indicibile…che sarebbe piaciuta al tanto amato Dante.

Note Specialistiche

Se questo è un uomo esce in prima edizione nel 1947 presso l’editore torinese De Silva, dopo che era stato rifiutato da Einaudi, che invece pubblicherà la seconda edizione del 1958. “L’edizione del 1947…è un libro più secco e duro rispetto all'edizione successiva. (…) testo immediatamente letterario…ma anche più diretto e meno raffinato nella struttura e nell’articolazione interna rispetto a quello del 1958.” Le due edizioni si possono dunque leggere come due libri autonomi, la seconda è quella che ha tramandato in generazioni di lettori l’immagine di Levi, mentre la prima suona come un esordio inaudito, nel senso letterale del termine, come “se fosse possibile ascoltare la sua voce come se fosse la prima volta”.
Il passaggi tra la prima e la seconda redazione dell’opera è testimoniata da una consistente quantità di testimoni, perché Levi è un autore che continua incessantemente a lavorare ai suoi scritti, aggiungendo,togliendo, correggendo, con una modalità che il critico Tesio ha definito“tessere” ovvero forme di pensiero e scrittura breve che vengono inserite e tolte come in un grande spartito. “Il laboratorio delle varianti, dai primi dattiloscritti alla versione del 1947, poi alle aggiunte del 1958, e persino i brani non utilizzati in questa nuova edizione, ci permette di capire come Levi lavori per accumulo, per inserimenti, aggiunte, come se il libro fosse uno spartito aperto in cui è possibile mettere una nota, o una manciata di note,senza con questo modificare l’insieme della sinfonia, o almeno il suo ordine generale, per quanto senza quelle note l’opera non sarebbe più la stessa.Questo porta a considerare ogni frase come avente un valore in sé, ed è qui che risiede la forza impressiva della sua scrittura. Tuttavia in ogni singola frase, anche in quelle scartate o non usate, è contenuto il disegno generale dell’opera, come se fosse un ologramma, così che spezzando ogni pagina, o brano, fino ad arrivare alle singole frasi, si finisce per ritrovare il disegno d’insieme che presiede al libro.” (P.Levi, Opere complete - I, Torino, Einaudi, 2016, p.1466).
La pagina in questione proviene probabilmente da un quadernetto autografo che Giovanni Tesio dichiara di aver visionato intorno al 1976-’77, la carta a quadretti e l’ingiallimento progressivo fanno propendere per tale ipotesi. Il foglio venne poi firmato da Levi in data successiva, all’atto del dono. Il testo che trasmette è tra i più interessanti del libro: si tratta della parte finale di Iniziazione, un breve capitoletto non presente nell’edizione 1947 ma che l’urgenza espressiva e vari ripensamenti lo indurranno a inserire nell’edizione del 1958. Quattro fogli dattiloscritti in copia cartacarbone che contengono per la prima volta il tema della testimonianza, che nell’edizione 1947 risulta sottesa e mai esplicitata, ma che qui assume forma piena e solenne.
Il foglio presente nella parte superiore 6 righe cancellate,ma che lasciano intravedere una versione antecedente del passo in questione. Al centro della narrazione è la figura di Steinlauf, il secondo tedesco buono che ha combattuto con onore la Prima guerra mondiale con gli austriaci, “croce di ferro della guerra ’14-‘18”. Il suo messaggio forte e prende spunto dal gesto di assoluta normalità del lavarsi accuratamente, un atto volto ad evitare l’abbrutimento, lo scadimento dall’umanità alla condizione disumana, bestiale: “…perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non  dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e si deve voler sopravvivere; ma che per farlo occorre salvare sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma del vivere civile.” Nella versione poi andata in stampa, compare un inserto estremamente significativo che qui è assente: dopo “si deve voler sopravvivere” Levi aggiunge nella versione finale una sorta di distico morale, “per raccontare, per portare testimonianza”. Qui,per la prima volta compare il tema della testimonianza, dell’obbligo morale e del valore che assume la parola del Testimone nei confronti della storia:perché tutto questo non accada bisogna RACCONTARLO, portarne testimonianza. Ma nella pagina in questione tutto questo non compare ancora, siamo in una fase precedente in cui ancora Levi non ha pienamente maturato tale passaggio.Rispetto alla versione a stampa questa non è la sola “sottrazione” presente, vi sono altri passaggi rivisti, una frase aggiunta del sergente Gluck, (alias Eugenio Glucksmann, alias Steinlauf, lo pseudonimo con cui Levi denominò il sergente) ma soprattutto un finale completamente diverso. Le otto righe finali risultano diverse rispetto alla versione finale andata in stampa e configurano una differente sorte per Glucksmann. Su una striscia di carta incollata Levi ipotizzò un’altra conclusione, trascritta a p.1465 dell’edizione completa delle Opere, la quale differisce dalla presente versione per alcuni sostanziali aspetti.
Dunque esistono di questo passo tre diverse versioni, di cui questa sembrerebbe essere la più datata; nelle altre due il testo evolve verso la conclusione adottata nell’edizione del 1958, una diversa interpretazione della morale di Glucksmann che qui, tra le righe ingiallite di questo foglio,non aveva ancora trovato spazio. Qui, l’insegnamento di Glucksmann, “uomo di volontà buona”, rimane ancora lezione valida e degna di memoria, fino al giorno in cui “nessuno sa come, dove e quando, furono spenti dalla violenza cieca la sua virtù forza e il suo valore.” Significativa la cancellatura finale,quel sostituire ‘forza’ a ‘virtù’ destituendo di valore morale i principi di Glucksmann.
Due pagine memorabili, segno della fatica della scrittura in Levi, della costruzione dolorosa di una memoria personale che diventa collettiva nel momento in cui si stende sulla pagina, qui solo manoscritta, ma pronta già a diventare materiale utile per le conclusive versioni a stampa. Ed è in questo continuo movimento del testo che si scorge la grandezza narrativa di Primo Levi, segno di un pensiero che fa fatica a convertirsi in scrittura, per la sua altezza indicibile…che sarebbe piaciuta al tanto amato Dante.

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