Un nuovo codice ritrovato della Commedia

Un nuovo significativo manoscritto si aggiunge alla tradizione della Commedia dantesca: un codice eccezionale rilegato modernamente in marocchino naturale, contenente il poema nella sua forma quasi integrale

Manoscritto cartaceo della Commedia, comprendente in fine il Capitolo attribuito a Pietro Alighieri e il Capitolo di Busone Raffaelli da Gubbio, per complessive 93 carte su 94 (manca la carta 25 comprendente i versi 34-139 del Canto XXIX e i versi 1-57 del Canto XXX), disposto su due colonne, 42 righe per pagina, misure 40 x 27 cm.

La scrittura appare nell’insieme di una sola mano, databile tra la fine del XIV secolo e i primi due decenni del XV. Elegante e raffinata la disposizione del testo con rubriche in rosso. Il codice, scritto in Italia, presenta caratteristiche fiorentine.

Appartiene con ragionevole certezza alla famiglia dei codici danteschi definita “gruppo dei Cento”, distinta dai codici Strozziani e dalla sezione dei codici derivati dal Vaticano. Il codice presenta tuttavia non poche originali caratteristiche, che il raffronto testuale con altri della stessa famiglia rende via via più evidenti (ma la ricerca è ancora in fieri); sarà assolutamente necessario uno studio più approfondito dei suoi rapporti con l’intera tradizione, anche alla luce delle recenti acquisizioni ecdotiche emerse dalle recenti edizioni critiche di Giorgio Inglese (Carocci, 2016) e di Paolo Trovato (Libreria Universitaria, 2022).

Dal punto di vista linguistico, una prima ispezione consente di confermare l’ipotesi che il codice sia di mano colta toscana, come è testimoniato dal comportamento delle vocali “o”  ed “e” toniche (dittongate e talora risolte nel monottongo) dal comportamento delle consonanti doppie (perlopiù conservate), dal comportamento delle palatali (sempre conservate, “c”, “g”, “sci” etc.) dalla scrittura della palatale “l” (=lli), etc. Ottimo stato di conservazione, legatura moderna in pieno marocchino naturale.

Codici interi della Commedia non compaiono sul mercato antiquario da decenni; negli ultimi anni si segnalano aggiudicazioni internazionali di singole carte presso Christie’s e Sotheby’s, spesso utilizzate come fogli di rinforzo in legature. L’eccezionalità del ritrovamento è data da almeno tre aspetti: per l’altezza cronologica del manoscritto (fine XIV-Inizi XV secocolo); per la sua completezza quasi assoluta; per il suo stato di conservazione.

Ogni nuovo testimone – si sa – può recare lezioni che modificano il testo tràdito, per cui anche questo manoscritto accuratamente collazionato con il testo critico della Commedia potrebbe di certo riservare importanti sorprese.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti del Dipartimento di Libri, Autografi e Stampe.

Finarte’s Top Lots of 2023 in the Art Sector

This year, two works of equal merit competed for the top spot in the ranking of the most important lots sold at auction

Finarte’s top lots of 2023 in the Art sectorThe first work comes from the catalogue of the Modern and Contemporary Art auction of 9 November Rain by Jean Fautrier sold at auction for €248,090. Also at the same price was a work from the auction of 19th and Early 20th Century Artigurative Art, a rediscovered portrait of Angelica Kauffmann from 1804.

Jean Fautrier Rain, 1959 / Angelica Kauffmann Female portrait, 1804

Also important was the result for Antonio Ligabue who took second place with two works, the 1960 self-portrait and Cat and Mouse sold for € 223,690. A great comeback for one of the most important Naïf artists of the 20th century.

A very good result also for the Department of Old Master Paintings, which in 2023 saw a 20% increase in adjudications, abundantly exceeding one million sold, and saw two important adjudications: Diogenes and Alexander the Great by Giovanni Battista Langetti and Jan Soens‘ fantastic painting Self-portrait of the painter with his two children (a work won by the Uffizi and exhibited in the Museum of the Self-portrait collection inaugurated on 10 July).

Giovanni Battista Langetti Diogene and Alessandro Magno / Jan Soens Self-portrait of the painter with his two children

The best result ever with a new Italian record for the Photographs Department with € 1,250,000 sold in 2023. The top lot were 33 prints by Luigi Ghirri, Modena, from the ‘KM 0.250’ series sold at auction for € 37,890. Excellent results also for international authors such as Cindy Sherman, Peter Beard and Gregory Crewdson with his Italian record.

Luigi Ghirri Modena, dalla serie ‘KM 0,250’ (dettaglio), 1973 /

Important results were also achieved in the Original Comic Art Department with the award of Hugo Pratt’s 1965 The Telephone Call for € 31,200, which joined Erik Larsen’s Spider-Man – Revenge of the Sinister Six table awarded in 2021.

All art departments saw strong growth in 2023 in terms of results, confirming the positive trend with sales that show us how collectors always respond with participation to the quality of the works and their historicity. In addition to foreign masters of international standing, our proposal remains open to the search for history and expressiveness, seeking to enhance our artistic cultural heritage and opening ourselves up to collectors and investors who are always interested and challenging.

Finarte returns to Piazzetta Bossi from January

On 15 January, Finarte will return to its headquarters in Piazzetta Bossi, the place that was the brand’s iconic home from 1969 to 2010. The news was greeted with great enthusiasm by our customers, collectors and art lovers, who have always associated this place with unforgettable moments and remember it as a stage for extraordinary […]

On 15 January, Finarte will return to its headquarters in Piazzetta Bossi, the place that was the brand’s iconic home from 1969 to 2010. The news was greeted with great enthusiasm by our customers, collectors and art lovers, who have always associated this place with unforgettable moments and remember it as a stage for extraordinary auctions and significant cultural encounters.

With the reopening of Piazzetta Bossi, Finarte intends to continue to consolidate its position as Italy’s leading auction house and aims to strengthen its presence on the international art scene by offering a new, iconic and valuable space for the sale of works of art, jewellery and precious objects.

The opening of the doors of Piazzetta Bossi marks a new chapter in Finarte’s history, promising a future full of exciting auctions and artistic discoveries in the evocative and historic setting that has made the auction house’s history.

Christmas office closure

Check the closing dates of the holiday period

Our Milan offices will be closed for the holidays from 30 December to 14 January and will reopen on 15 January in the new headquarter in Piazzetta Bossi, Via dei Bossi 2.

Our Rome offices will be closed from 25 December to 7 January and will reopen on Monday 8 January.

Dante, questo sconosciuto

Forse non tutti sanno (o non lo ricordano) che Dante Alighieri non ha scritto solo la famosa Commedia.

Dante oltre ad essere il grande poeta assoluto che tutti conosciamo, fu anche uno straordinario filosofo, politico, linguista, addirittura pre-scienziato. La sua produzione spazia tra generi diversi, alcuni letteralmente ideati da lui o da lui letteralmente rivoluzionati, in un’epoca in cui pensiero e scrittura ancora dovevano trovare forme nuove ed adatte ad esprimere la modernità. Perché la Firenze del Trecento era davvero una metropoli moderna, attiva, vivace intellettualmente. Un faro di civiltà dove Dante nacque, visse e si formò. E in quell’humus produsse i suoi capolavori: usiamo il plurale perché non solo la Commedia, ma anche altre sue opere hanno segnato la storia e lo sviluppo del pensiero occidentale.

DANTE ALIGHIERI Convivio, 1490

Pensiamo al Convivio (lotto 1 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Già dal titolo è chiaro lo scopo dell’opera: si tratta di proporre un “banchetto” dove ognuno si ciba di ciò che più gli piace e i piatti sono assaggi della sapienza – le canzoni – accompagnati dal pane, ossia dal commento in prosa. Il tutto espresso in lingua volgare, in quella lingua destinata al grande pubblico che ignorava il latino ma che non per questo non desiderava di attingere alla conoscenza.

Come dichiara nelle righe iniziali, “tutti gli huomini naturalmente desiderano di sapere” ma sono da diverse ragioni impediti. Un Dante magnanimo e democratico cerca in questo modo di offrire ai suoi lettori il pane degli angeli: “O beati quelli pochi che seggono a quella mensa: dove il pane degli angeli si mangia et miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo…”. Opera del Dante più maturo, scritta agli inizi del Trecento forse al Bologna, il Convivio ha molto in comune con opere precedenti quale la Vita Nova, ma da questa si distacca perché sostituisce all’amore per una donna, l’amore per il sapere. Da Beatrice insomma alla “donna gentile” simbolo della Filosofia. E il trattato, un prosimetro come la Vita Nova (cioè un testo misto di versi e prosa), racchiude come in una grande summa medievale tutti i temi del tempo: cosmologia, metafisica, politica e tanto altro.

DANTE ALIGHIERI, BOCCACCIO, GIOVANNI Vita Nuova – Origine, vita, studi e costumi del chiarissimo Dante Allighieri…fatta, e compilata dall’inclito m. Giouanni Boccaccio, 1576

Ho menzionato la Vita Nova, l’altro celebre prosimetro in questo caso giovanile di Dante, la cui prima edizione uscirà tardi nel Cinquecento (lotto 10 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Opera giovanile composta di 31 liriche, scelte fra quelle scritte fra il 1283 e il 1295 e collegate da un commento in prosa che presenta le ragioni delle poesie, sia interne che esterne, viste come un discorso unitario, svolto nella continuità progressiva di una storia poetica e spirituale. Dall’amore disinteressato per Beatrice, creatura venuta “di cielo in terra a miracol mostrare”, fino ad una radicale “renovatio” della vita spirituale del poeta che lo indurrà a produrre rime nuove, intrise di un più profondo intelletto d’amore. Opera di non facile comprensione perché fortemente allusiva, ma proprio per questo sempre affascinante e stimolante. Un’opera che dialoga con tutta la coeva produzione poetica toscana, degli amici Cavalcanti, Guinizelli, Guittone etc., per inserirsi in un filone poetico da cui però immediatamente staccarsi verso nuovi obiettivi, che condurranno alla Commedia.

DANTE ALIGHIERI Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di m. Cino & di m. Girardo Nouello, 1518

Le rime di Dante sono da subito circolate manoscritte e, in modo disorganico, in varie raccolte a stampa. Una di queste porta il titolo Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di M.Cino e di M.Girardo Novello. Una raccolta rara e preziosa stampata a Milano nel 1518 (lotto 12 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), per celebrare per la prima volta “Dante come poeta lirico in maniera indipendente rispetto alla Commedia”. È esistita dunque una fama solida e consolidata anche del Dante minore, soprattutto lirico, tramandata da raccolte come queste. Si tratta di un’edizione chiaramente popolare, per tipo di formato, impaginazione, carattere adottato. Una raccolta di rime destinata al grande pubblico del volgare, attirato dal nome già ampiamente famoso, ma anche da una produzione che si proponeva in alternativa al modello Petrarca. Insomma, al Dante delle terzine della Commedia si sovrapponeva un Dante “innamorato”, autore di liriche che potevano ben circolare a fianco dei versi immortali della Commedia per essere lette a sé stanti, imparate a memoria, gustate per una certa immediata fruibilità.

Ma insieme al Dante lirico, agli inizi del Cinquecento la stampa scopre anche altre opere dantesche, strategiche nel panorama culturale italiano. Nel 1529 un intellettuale vicentino, Gian Giorgio Trissino, decide di offrire al grande pubblico del volgare la prima traduzione del De Vulgari Eloquentia (lotto 11 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), il trattato di Dante sulla lingua. Scritto in latino e pubblicato nella sua veste originaria la prima volta solo nel 1577, quando Trissino decise di darne una traduzione in volgare nel 1529 sarà per una precisa ragione strategica: erano gli anni in cui si discuteva in Italia quale forma dovesse assumere la lingua italiana, a quali modelli ispirarsi tra i vari dialetti parlati, e l’opinione di Dante in materia era davvero preziosa e importante. Una nazione ancora inesistente (l’Italia del Cinquecento era un coacervo di Stati e staterelli in perenne lotta tra loro) cercava però di darsi prima ancora di un’unità politica (che sarebbe giunta oltre tre secoli dopo!), un’unità linguistica. Una lingua comune da tutti compresa e scritta, prima ancora che parlata. La traduzione di Trissino del 1529 serviva a fornire un ulteriore spunto al dibattito linguistico, che non era dibattito tra addetti ai lavori ma discussione viva, sentita a più livelli, perché una nazione si riconosce innanzi tutto da una lingua comune e l’Italia in questo fu nazione letteraria molto prima che politica.

DANTE ALIGHIERI, ALCIATI, ANDREA De formula romani Imperi – De Monarchia, 1559

E di politica Dante se ne intendeva, come dimostra non solo il significato intrinsecamente politico sotteso alla Commedia, ma soprattutto il suo Monarchia (lotto 26 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), un trattato in tre libri di argomento politico, scritto da Dante in lingua latina. Composto con l’intento di difendere i diritti dell’Impero contro le pretese della Chiesa e l’ostilità dei guelfi, puntava a dimostrare – a coloro che volevano la distruzione dell’Impero – che esso era necessario per la felicità del genere umano; in secondo luogo opponeva a coloro che indebitamente aspiravano a sostituirsi all’imperatore, che soltanto il romano Impero era tale di diritto, perché voluto dalla divina Provvidenza; e finalmente, contro la dottrina ierocratica che riservava alla Chiesa il diritto di ratificare con la “confirmatio” la scelta degli elettori, conferendo legalmente all’eletto la corona di rex Romanorum e il diritto di amministrare l’Impero, Dante sostiene che l’imperatore riceve la sua autorità direttamente da Dio, e non dalle mani del pontefice. Una visione moderna, in linea con il suo pensiero politico, volta a sottolineare la divisione tra i poteri, tra Impero e Chiesa, tra potere divino e umano. Una posizione che però, forse in pochi lo sanno, causò a Dante l’accusa di eresia. Nel 1327 Bertrando del Poggetto, nominato cardinale e legato pontificio nell’Italia centrale da suo zio e protettore, il papa avignonese Giovanni XXII, avrebbe voluto dare pubblicamente alle fiamme le ossa di Dante, riuscendo però nel 1329 a far bruciare sul rogo a Bologna il suo trattato politico, la Monarchia, accusata di eresia. Damnatio proseguita nei secoli successivi, sia con la proibizione della Divina Commedia, poi messa dall’Inquisizione nell’Index librorum expurgantorum del 1613 (se ne poteva consultare una breve versione espurgata, cioè orribilmente censurata e mutilata), sia con la condanna ufficiale della Monarchia, relegata nel primo Index librorum prohibitorum del 1559, e lì confinata fino a quando l’Index fu finalmente soppresso, nel 1966, dopo oltre 4 secoli. E dunque il pensiero politico di Dante non fu mai ortodosso alla Chiesa, perché il sommo poeta fu storicamente il primo teorico occidentale della separazione tra politica e religione. E la Commedia e altri suoi scritti pullulano di feroci invettive antiecclesiastiche e antipapali.

DANTE ALIGHIERI Questio florulenta ac perutilis de duobus elementis aquae & terrae tractans […], 1508

Pochi forse sanno, infine, che Dante fu autore anche di un trattato pseudo-scientifico di natura Fisica, impostato secondo il modello medievale della “quaestio”, ovvero si pone una domanda e si cerca razionalmente di sviscerare il problema, argomentando con ragioni e dimostrazioni. Il metodo è scientifico ma le basi fisiche su cui si fonda ovviamente risentono della visione del mondo tutta medievale di Dante. Ma quel che conta è la forza argomentativa, non solo retorica, posta in essere da Dante nella sua Quaestio de aqua et terra (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe).

“Cardine del modello cosmologico accettato dall’autore della Quaestio è l’identificazione del centro della Terra con il centro dell’universo. Intorno al centro si dispongono ordinatamente le sfere degli elementi terra, acqua, aria e fuoco che compongono il mondo sublunare. L’acqua sarebbe perciò esterna alla terra, o in altre parole dovrebbe ricoprirla uniformemente: ma poiché questo non avviene la questione è se la terra emersa, cioè la parte abitabile del globo, possa essere più alta (o più ‛ esterna ‘) rispetto alla superficie dell’acqua – e in tal caso occorre giustificare, individuandone la causa finale e la causa efficiente, l’infrazione delle premesse teoretiche; ovvero se l’acqua rimanga più alta – e in tal caso è necessario demolire o almeno reinterpretare ciò che l’esperienza dei sensi manifesta in contrario. L’autore della Quaestio si attiene alla prima soluzione, impegnandosi perciò a controbattere gli argomenti addotti a favore della seconda tesi nella discussione avvenuta a Mantova: e si osservi fin d’ora che altre tesi riconducibili a principi cosmologici differenti (per esempio che terra e acqua formino un’unica sfera di cui l’acqua occupa le cavità) rimangono assolutamente eterogenee rispetto all’ambito entro il quale si affrontano le tesi contemplate nell’operetta”. (Treccani on line, sub vocis).  

BOCCACCIO, GIOVANNI Vita di Dante Alighieri poeta fiorentino, composta per messer Giouanni Boccaccio, 1544

Un Dante dunque che non finisce di stupirci anche oltre la Commedia, e questo anche i suoi contemporanei l’avevano ben capito: si veda la celebre Vita di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), dove uno dei suoi più ammiratori ne traccia una biografia fedele, puntuale ma anche entusiasticamente ammirata. E questa profonda ammirazione per il multiforme ingegno dantesco, nei secoli, non si è mai affievolita.

Tutti questi libri verranno battuti in asta il 15 dicembre e li trovate all’interno del catalogo di Libri, Autografi e Stampe.

Gio Ponti: anche Palazzo Bo parla il suo “codice”

Armonia nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto: la stessa armonia che appartiene a tutte le opere del grande Maestro

Nel 2022 l’Università di Padova ha riaperto le porte dello splendido Palazzo del Bo, dopo un importante lavoro di restauro. È stata così ridata alla luce, una seconda volta, l’imponente opera artistica del Maestro Gio Ponti, designer e architetto milanese che non ha bisogno di presentazioni, legato da un rapporto unico e irripetibile proprio con la prestigiosa università veneta.

Negli anni 1938-1943, infatti, nel corso della stagione di lavori edilizi che hanno interessato l’Università di Padova durante il rettorato di Carlo Anti, Gio Ponti fu incaricato dell’ideazione degli arredi destinati a Palazzo Bo e Palazzo Liviano. Tavoli, scrivanie, sedute, tavoli, armadi, scaffali, come anche le porte e i pavimenti, vennero tutti realizzati, nel corso di pochi anni, da ditte locali sulla base dei disegni realizzati da Ponti appositamente per l’Università.

Sono stati restaurati, tra il 2021 e il 2022, centinaia di questi oggetti; tutti arredi degli anni ’40 non musealizzati, ma collocati in spazi a tutt’oggi utilizzati come luoghi di lavoro, affrontati con rigoroso approccio filologico al fine di restituire forme, colori e finiture del progetto originario.

Nel mese di settembre 2023, Finarte ha avuto l’occasione unica di poter vedere questi ambienti in visita privata. Vincenzo Santelia, Amministratore Delegato, Ilario Scagliola, Responsabile Dipartimento di Design e Arti Decorative, e Salvatore Ferraiuolo, Coordinatore di Dipartimento, sono stati ricevuti dalla Pro Rettrice con Delega al Patrimonio Artistico Storico Culturale dell’Università di Padova, la Professoressa Monica Salvadori, che ha consentito un incontro di grande spessore artistico-culturale e realizzato un’occasione di scambio su un tema estremamente caro al Dipartimento: l’opera di Gio Ponti.

La visita nasce da uno scambio epistolare tra la Pro Rettrice e Ilario Scagliola, che ha sottoposto all’Università il suo saggio Comprendere Gio Ponti e la bellezza matematica delle cose.

Scagliola ha elaborato in questo testo una chiave di lettura innovativa, un’ipotesi di ricerca che gli ha permesso di decifrare un vero e proprio Codice Pontiano che ne sviscera l’opera dal punto di vista filosofico/intellettuale ma allo stesso tempo la disvela come qualcosa di concreto e misurabile.
È infatti arrivato a creare una griglia, unica nel suo genere, che consente di riconoscere le opere di Ponti attraverso una modalità che può essere definita scientifica.

Secondo il responsabile del dipartimento di Design e Arti Decorative, questo poteva proprio essere il modo con cui Gio Ponti realizzava la maggior parte delle sue opere: partendo da un’idea e con il suo stile ben definito, ragionava geometricamente per progettare trame di tessuti, edifici, mobili, complementi d’arredo. Non si trattava di una geometria casuale ma di una griglia ben precisa.

“Lavorava su questa griglia per disegnare così come proponeva di farlo per arredare”

(Domus 04/1938 n.124)

Attraverso un sistema di moduli e la mappa degli appartamenti visti dall’alto, Ponti suggeriva di ritagliare i propri arredi per posizionarli all’interno della mappa e “giocare” con i vari elementi, per identificare la soluzione più consona al proprio gusto. È stato quindi molto interessante, per Finarte, potersi confrontare su questa tesi con l’Università che è sicuramente uno dei massimi depositari di una conoscenza approfondita dell’operato di Ponti.

Oltre alle misure della griglia, è stato possibile ragionare anche sulle scale di colore utilizzate dal Maestro. Ogni scelta in termini di restauro (vernici, finiture, forme, colori, dettagli, misure), è stata presa a partire da un minuzioso riesame della ricca documentazione custodita presso l’Ateneo: l’Archivio storico dell’università conserva ancora infatti i disegni e i progetti di Gio Ponti. L’aspetto chiaramente più sfuggente è rappresentato dalle scelte cromatiche dei rivestimenti, genericamente indicate nei disegni (“rosso cupo”, “verde 35 34”, “bruno cupo testa di negro con profili cuoio naturale”): a guidare la scelta in questi casi sono state da un lato il riesame della tradizione Ponti, dall’altro lo studio delle palette di colori in voga all’epoca.

Anche su questi aspetti l’analisi di Ilario Scagliola può dare un prezioso contributo al modus operandi di Gio Ponti. Il Codice Pontiano emerge infatti nelle scale cromatiche utilizzate, che non sono mai frutto del caso ma di un rigoroso studio fatto di proporzioni perfette.

Attraverso forme, misure, materiali, colori e decorazioni ben precise, Ponti è in qualche modo riuscito a trasmettere una vibrazione che in qualche modo può essere paragonata a quella che c’è in Natura, capace di trasmettere armonia. Armonia che risiede nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto. Anche Palazzo dal Bo parla questo codice, e nelle sue stanze si respira la stessa armonia, che di fondo appartiene a tutte le opere di Ponti.

Opere di Gio Ponti che Finarte è lieta di presentare anche nella prossima asta di Design e Arti Decorative, in programma il 15 e 16 novembre, insieme ad una splendida inedita collezione di epistolari privati del Maestro con Lidia Tabacchi, direttrice della rivista Novità a partire dalla fine degli Anni Cinquanta.

Un ultimo ringraziamento all’Università che ha permesso un confronto su un tema così interessante e ancora così poco approfondito, proprio nell’afflato del motto che la contraddistingue da secoli: Universa Universis Patavina Libertas – tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova

“Questa vita di una rarissima donna…”: su un ritratto ritrovato di Angelica Kauffmann

Una scoperta che arricchisce ulteriormente il catalogo della pittrice svizzera

Potremmo definirla una cittadina del mondo, oggi, Angelica Kauffmann; lo riconobbe già Winckelmann:

“La giovinetta di cui parlo è nata a Coira, ma fu condotta per tempo in Italia da suo padre, che è pure pittore; parla assai bene l’italiano e il tedesco […] Parla inoltre correntemente il francese e l’inglese […] Si può chiamare bella e gareggia nel canto con le nostre migliori virtuose. Il suo nome è Angelica Kauffmann”

Tali prerogative le ritroviamo anche nei suoi ritratti, che non idealizzano l’effigiato ma lo ammorbidiscono e lo sfumano verso ideali del bello.

L’attraente e giovane donna che si presenta con un abito trasparente e scollato, difficilmente poteva avere più di vent’anni quando Angelica Kauffmann la dipinse a Roma. Appartiene agli ultimi anni romani della pittrice ed è tipico del periodo 1800-1806, contraddistinto dalla realizzazione di una serie di ritratti femminili in cui le effigiate vestono alla moda del tempo.

La gioielleria particolarmente raffinata che indossa indica un contesto nobiliare. Insolito è il ciondolo dorato a forma di freccia con un fiocco appeso ad una catena a maglie d’oro posta due volte al collo, forse simbolo o pegno d’amore.

Lotto 9 – ANGELICA KAUFFMANN Ritratto femminile, 1804

Secondo lo stato attuale della ricerca, l’identità della giovane donna risulta sconosciuta. Nemmeno l’iscrizione al retro della cornice fuga i dubbi su chi possa essere, ma ciò che emerge è di certo la qualità dell’opera dove Angelica mette in evidenza le sue doti, non seconda a nessun collega dell’epoca. Ne è prova anche la testimonianza di Goethe, del quale la pittrice si innamorò:

“Guardar quadri con lei è assai piacevole; tanto educato è il suo occhio ed estese le sue cognizioni di tecnica pittorica”.

La notevole scoperta, avvenuta grazie ad un percorso condiviso con la dott. Bettina Baumgärtel, responsabile dell’Angelica Kauffmann Research Project, è un ulteriore tassello ed arricchisce il catalogo di Angelica quanto gli occhi di chi la vede ora per la prima volta; come noi.

L’opera verrà battuta in asta il 19 ottobre e la trovate all’interno del catalogo di Arte Figurativa tra XIX e XX Secolo.

Il valore culturale ed economico di libri e manoscritti. Esperienze di un trentennio.

Cosa determina il valore di un libro? Ce lo spiega Fabio Massimo Bertolo, Senior Specialist di Libri, Autografi e Stampe

Di cosa parliamo quando ci riferiamo al valore di un oggetto? Da un lato vi è quello culturale, storico, ideale, dall’altro quello “venale”. Definizione Treccani di valore: “il pregio che un’opera, spec. d’arte o dell’ingegno, ha indipendentemente dal prezzo che può valere in base a considerazioni varie, sia materiali e concrete …, sia storiche, tecniche, estetiche etc. (antichità, importanza storica e documentaria, rarità, perfezione di fattura ed esecuzione etc.), ora oggettive, ora soggettive…”

In una casa d’aste si percepiscono e sperimentano diversi tipi di valore. Dietro ogni oggetto offerto in asta, a seconda delle sua categoria, vi possono essere differenti gradazioni: nel gioiello è estremo il valore concreto e materiale dell’oggetto, nel dipinto il valore artistico dell’ispirazione, nella macchina d’epoca il valore funzionale ed estetico, del documento antico il valore storico, nell’arte contemporanea il valore estetico unito alla capacità astrattiva dell’idea (il pensiero fattosi arte) ecc.

Emilio Gadda, Taccuini di Guerra, 1917, venduto a € 37.460 nel 2019

Scopo di una casa d’aste è tradurre tutti questi vari attributi del valore, in un prezzo: il valore commerciale dell’opera. In realtà si tratta inizialmente di una stima, la base di partenza della vendita all’asta, che poi a vendita completata si concretizza nel valore dell’opera, reale e concreto. Le aste hanno questo di peculiare, che pongono le opere d’arte in vendite pubbliche in grado di determinarne il loro reale valore economico e commerciale.

Ogni opera d’arte è un oggetto, dunque una merce che sottostà alle leggi di mercato. Molte opere d’arte sono nate per il mercato, altre no (pensiamo a lettere e documenti storici). Attribuire un valore commerciale, ovvero dare un prezzo a questi oggetti, è il delicato compito dell’esperto di una casa d’aste.

Come si crea questo valore, o meglio come si elabora la stima di un’opera d’arte?

Il valore si crea principalmente sul principio di analogia: ogni oggetto offerto in asta è analogo ad altri oggetti (opere d’arte) offerti in precedenza. Non esiste un valore economico assoluto di un un’opera d’arte, ma il valore è decretato dalla relazione che quell’oggetto instaura con altri oggetti analoghi.

Se dovessimo stimare un taglio di Fontana potremmo riferirci a innumerevoli vendite di opere analoghe, comparse sul mercato negli ultimi anni, per stabilire una plausibile base di partenza, ovvero stima. Non sempre ciò è possibile in ragione del fatto che alcune opere compaiono più raramente sul mercato, penso ad esempio ad autografi e manoscritti, ma anche in questi casi l’esperienza e la capacità dell’esperto riescono a determinare un valore di partenza, sicuri che il mercato poi faccia la sua parte.

Primo Levi, Pagina autografa firmata di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, 1950, venduto a € 18.860 nel 2019

La stima di un libro di pregio, per tornare al nostro ambito d’attenzione, si basa sostanzialmente su tre criteri: l’indice di rarità, lo stato di conservazione e, determinante, la legge della domanda e dell’offerta.

Per indice di rarità intendo la sopravvivenza di un determinato numero di copie in relazione alla tiratura iniziale: al di sotto delle 10 copie sopravvissute, un’opera può definirsi decisamente rara. Come faccio a monitorare tale dato? Per gli incunaboli e le cinquecentine posso affidarmi ai repertori online esistenti (IISTC e Edit16), mentre per le edizioni dei secoli successivi vale soprattutto esperienza e conoscenza del mercato, oltre che della storia del libro.

Luca Pacioli, Suma de Arithmetica Geometria Proportioni & Proportionalita, 1494, venduto a € 524.460 nel 2019

Il secondo indicatore è lo stato di conservazione dell’esemplare, che può assumere differenti livelli di gradazione. Il livello massimo è quello in cui l’esemplare si sia conservato in tutto e per tutto (legatura inclusa) nelle sue condizioni originarie, ovvero come è uscito dal torchio e dalla bottega del legatore. I danni del tempo, anche se emendati da accurati restauri, deprezzano le copie a volte in modo molto consistenti, perché essendo i libri multipli è sempre possibile trovare una copia in condizioni decisamente migliori.

Terzo elemento da valutare è la legge di mercato, ovvero domanda/offerta. Anche l’oggetto d’arte, di pregio, da collezione, è una merce e dunque risponde alla legge base di ogni mercato. Domanda e offerta determinano il valore di un oggetto: se la domanda è alta e l’offerta scarna, il valore sale, viceversa se l’offerta è alta e la domanda bassa, il valore decresce.

Grazie Deledda, Manoscritti, carteggi, epistolario, dipinti, 1920, venduto a € 219.460 nel 2019

Vi sono oggetti indubbiamente rarissimi ma poco richiesti dal mercato, il loro valore sarà inconsistente. Vi sono oggetti non rari ma molto richiesti dal mercato, il loro valore sale considerevolmente. Influiscono su questa legge di mercato anche le mode, i gusti di un’epoca, gli interessi e le passioni non solo del singolo ma anche delle comunità. La legge della domanda e dell’offerta determina se un bene è richiesto o meno dal mercato, e da queste ne discende direttamente il suo valore commerciale (integrato dai due indicatori prima segnalati).

Il mercato dell’arte è attentamente monitorato da vari motori di ricerca e database in molte categorie del collezionismo. Nel settore dei libri e dei manoscritti, ad esempio, esiste un accurato e aggiornato database dal titolo Rare Book Hub (dove si accede per abbonamento) che registra tutte le vendite all’asta degli ultimi 50-60 anni, con un livello di precisione e attendibilità assoluto. Al suo interno si possono così trovare vendite analoghe di edizioni, da confrontare con le copie in proprio possesso.

Ardengo Soffici, Simultaneità e Chimismi lirici, 1915, venduto a € 13.900 nel 2021

Altro strumento valido ma da utilizzare con sapienza, sono i motori di ricerca specializzati in libri antichi e di pregio. I più famosi sono Vialibri, Maremagnum, Abebooks etc., tutti facilmente consultabili tramite una finestra di dialogo in cui inserire i dati essenziali per la ricerca. I risultati che si otterranno vanno però attentamente vagliati, perché il valore di un’edizione può differire enormemente da esemplare ad esemplare: bisogna saper leggere dentro la descrizione fornita dal libraio, per intuire il pregio o i difetti della copia. Rimangono comunque strumenti utili per comprendere la rarità di una determinata edizione e per farsi un’idea del valore medio della stessa.

INCUNABOLO – LACTANTIUS, LUCIUS COELIUS FIRMIANUS, Opera, 1468, venduto a € 77.100 nel 2022

Il mercato dei libri antichi e di pregio, nonché dei manoscritti, ha subito negli ultimi anni delle piccole rivoluzioni. La più rilevante, sembra ovvio dirlo, è conseguenza dell’avvento di Internet. La rete ha reso disponibile, in modo esponenziale, una serie di opere ed edizioni possedute e offerte sul mercato da librerie di tutto il mondo: il concetto di rarità di un’edizione si è così modificato col tempo, e quello che una volta appariva come “raro e introvabile” ora è diventato alle volte comune e di facile reperimento.

L’allargamento dei confini del mondo del collezionismo ha creato una comunità di appassionati diffusa in tutti i continenti, che naviga in rete e compra ed offre tutto a tutti. L’effetto più visibile sulle case d’asta è stato un ampliamento straordinario della platea di riferimento: la percentuale di clienti stranieri che ormai affollano la piattaforma online di Finarte (la più attiva nelle nostre vendite all’asta) cresce ogni anno a doppia cifra.

Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, 1499, venduto € 99.060 nel 2022

Negli ultimi cinque anni, il numero di collezionisti stranieri che acquistano nel settore libri si è più che raddoppiato: questo comporta un’attenzione da parte della casa d’aste nel calibrare sempre meglio l’offerta, verso un mercato decisamente internazionale che cerca un certo tipo di opere e non altre. Ma l’offerta di libri rari e di pregio in Italia è quasi inesauribile, in ragione della sua lunga e autorevole storia, per cui soprattutto verso l’Italia si concentra l’attenzione dei mercati esteri.

Per richiedere una valutazione di un libro antico, di un manoscritto o di un’edizione moderna ai nostri esperti contattare il dipartimento: libriestampe@finarte.it

In asta la collezione Gavagnin di Villa Correr Pisani

Una raccolta unica e affascinante di vetri di Murano, ceramiche e altri oggetti di pregio di Gio Ponti, Fulvio Bianconi, Ercole Barovier, Tobia Scarpa, Ettore Sottsass Jr e molti altri

Villa Correr Pisani è una magnifica dimora veneta risalente al XVI secolo che ha ospitato per molti anni la Collezione del dott. Dionisio Gavagnin, custodendo tesori artistici di inestimabile bellezza e significato. La villa è situata nella regione pianeggiante tra i comuni di Roncade e Quarto d’Altino (TV), a pochi chilometri da Venezia, patria del vetro italiano. Non distante, inoltre, si trova uno dei capolavori di Carlo Scarpa, il Memoriale Brion, complesso funebre monumentale situato ad Altivole, in cui è sepolto, tra l’altro, lo stesso Scarpa. Il Memoriale è dedicato a Giuseppe Brion, l’industriale del piccolo paese trevigiano notissimo per il marchio Brionvega.

Villa Correr Pisani

Notizie storiche

La costruzione di ville nobiliari lungo le sponde del canale Musestre, fin dai primi del ‘500, rappresentò un fattore dinamico di trasformazione del territorio e di mutamento sociale oltre che paesaggistico-architettonico in senso stretto: l’insediamento diretto dei proprietari terrieri apportò nuovi metodi di conduzione agraria e dunque nuove risorse economiche e d’impiego per la popolazione di Roncade.

Villa Correr Pisani si presenta oggi ancora integra ed è uno fra gli esempi più interessanti dell’architettura del primo Cinquecento trevigiano, come citato dal Azzoni Avogadro.

Gli interni di Villa Correr Pisani

La costruzione si presenta a pianta quadrata e con facciata asimmetrica, sull’esempio dei palazzi veneziani. La villa appare documentata ed in modo indiretto solo nel 1570, in occasione della visita pastorale del 1610 la cui relazione informa che a Santa Fosca esistevano due ville Correr entrambe con oratorio privato. Anche nella visita del 1648 si riporta la notizia dell’esistenza di due oratori appartenenti ai Correr. La proprietà dei Correr viene confermata fino al 1726 poi dal 1754 erano proprietari i Pisani, fino al 1800 quando i proprietari diventarono i fratelli Gio Batta e Pietro Silvestrin.

Dionisio Gavagnin, un manager appassionato d’arte

Dionisio Gavagnin nasce a Venezia nel 1950. Laureatosi in Economia e Commercio presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia nel novembre del 1973, qualche mese dopo viene assunto dalla Olivetti di Ivrea dove inizia una brillante carriera professionale nel settore dell’Internal Auditing, viaggiando per missioni di lavoro in molti paesi europei ed extra-europei dove la Olivetti aveva proprie consociate.

Lotto 88, Ettore Sottsass Jr, Carlton, 1981
stima € 12.000 – 15.000

Il clima e le iniziative culturali della Olivetti di quegli anni (Soavi, Sottsass, Bellini, etc.) è per Gavagnin una occasione unica per approfondire i propri pre-esistenti interessi per le arti figurative e per il design. Incomincia allora a collezionare le prime opere d’arte e oggetti di design; passione per un “collezionismo mirato” che da allora in avanti proseguirà per oltre 40 anni. La carriera professionale di Gavagnin si svolge in ambito aziendale fino al 1986 con prestigiosi incarichi manageriali in alcune grandi aziende, fino al ruolo di amministratore delegato in una importante azienda multinazionale del settore ceramico di Sassuolo (MO).

Lotto 65, Fulvio Bianconi, Vaso, 1950 ca.
stima € 40.000 – 50.000

Dal 1986 e fino al 2017 Gavagnin proseguirà la propria attività lavorativa come imprenditore e libero professionista (Dottore Commercialista) nella consulenza manageriale, occupandosi soprattutto di ristrutturazioni aziendali, di pianificazione e controllo e di formazione (professore a contratto in Controllo di gestione presso l’Università degli Studi di Ancona). Rara figura di tempra illuministica, Gavagnin ha saputo far coesistere in tutti questi anni rigore e successo professionale con la passione per la storia dell’arte e per la poesia.

Heinz Oestergaard, lotti 83-85-86

Studioso di arte moderna e contemporanea e famelico lettore, Gavagnin ha pubblicato due libri sulla storia della fotografia: Homini & Domini. Il corpo nell’arte fotografica, 2011; Fini & Confini. Il territorio nell’arte fotografica, 2018; e tre raccolte poetiche: Colori della poesia, 2006; Antri son-ori, 2010; S-trame d(‘)a-nimo, 2013, tutti con l’Editore Campanotto di Udine. Negli ultimi anni ha progettato e curato per Musei e Fondazioni numerose mostre d’arte e di fotografia, tra cui: Paesaggi anomali (Treviso Ricerca Arte, Treviso, 2016); Fini & Confini. Dal Paesaggio al territorio (Museo del Paesaggio di Torre di Mosto, VE, 2019); Le donne e la Fotografia (Fondazione Luciana Matalon, Milano, 2021). La collezioni di Gavagnin, raccolte nella prestigiosa Villa Correr Pisani di Roncade, comprendono oggetti ed arredi di design, opere di arte moderna e contemporanea e di fotografia.

Carlo Scarpa, lotti vari

L’asta del 13 luglio, dedicata alla Collezione Gavagnin, presenterà un’importante selezione di vetri di Murano, ceramiche e altri oggetti di pregio di Gio Ponti, Fulvio Bianconi, Ercole Barovier, Tobia Scarpa, Ettore Sottsass Jr e molti altri. Un’occasione unica per gli appassionati d’arte di arricchire le proprie collezioni con pezzi di grande valore e raffinatezza.

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Ferrari 275 GTS, la rarissima spider Pininfarina degli anni ’60

Sfilò con Vettel a Monza nel 2019: una delle sette Ferrari 275 GTS, realizzate in versione 3 posti negli anni '60 è proposta in trattativa privata da Finarte e Automotive Masterpieces

La Ferrari 275 GTS è una spider carrozzata Pininfarina, presentata al Salone di Parigi del 1964. La 275 GTS si differenzia dalla berlinetta (275 GTB) per il disegno della carrozzeria più classico, con proporzioni meno aggressive; è stata assemblata a Torino dalla Pininfarina stessa. Gli interni erano lussuosi, rivestiti in pelle con cruscotto interamente in legno, volante in legno e dettagli in alluminio.

La 275 GTS montava cerchi in lega, ma poteva montare anche cerchi a raggi Borrani da 15”. La “Gran Turismo Spider” nasce come erede della spider realizzata su telaio della Ferrari 250 e ribadisce la posizione anteriore del suo motore 12 cilindri, come testimoniato dal suo imponente frontale; era un approccio conservativo, rispetto alle Ferrari sportive a motore centrale dell’epoca.

La versione 3 posti

Furono costruite in totale solo 200 Ferrari 275 GTS e di queste, pochissimi esemplari sono stati realizzati in versione 3 posti; una soluzione originale che forse Pininfarina utilizzò sperimentalmente. Altre fonti attribuiscono la soluzione 3 posti ad una richiesta dell’importatore svizzero Filippinetti. I sedili della 275 GTS 3 posti sono il tratto distintivo della vettura: oltre ad essere più comodi che avvolgenti, non sono uguali. Quello passeggeri è più ampio, per ospitare due persone, e passa in parte sopra il tunnel di trasmissione; non è regolabile ed è posizionato più arretrato, in modo da non intralciare il guidatore.

Non sappiamo perché ne siano stati realizzati solo pochi esemplari, gli appassionati dibattono: un plausibile veto del Drake, una scarsa risposta del mercato, le difficoltà di omologazione del modello. Attualmente sono noti sette esemplari “3 posti”, di cui la vettura sn 07531, proposta in questo lotto, che risulta essere l’ultimo numero di telaio con guida a sinistra assemblato nella versione in oggetto. Dopo il 1965 non furono costruite altre 275 GTS a 3 posti.

Dalla Francia all’Italia

La Ferrari 275 GTS, sn 07351 risulta assemblata con certificato d’origine del 2 Luglio 1965, consegnata quello stesso mese in Francia al primo proprietario, Georges De Braux, consulente finanziario; l’auto riceve prima le targhe 6747 RT 75 (Paris) e poi 4159 JB 78 (Yvelines-Versailles). Nel 1973 l’auto ha un secondo proprietario, sempre in Francia.

L’auto viene importata in Italia, tramite lo spedizioniere Gondrand nel 1982, in cattive condizioni. Viene acquistata dal Dr. Giuseppe Sala, terzo ed ultimo proprietario dell’auto, che la terrà per quasi quarant’anni. Imprenditore nel settore della produzione e distribuzione di prodotti farmaceutici e alimenti dietetici, Sala manterrà sempre stretti contatti con la casa di Maranello, per i restauri e la documentazione dell’auto. Viene restaurata completamente dalle officine G. Litrico, per la parte meccanica, e B&B per la carrozzeria; entrambe rilasciano dichiarazioni scritte di conformità e rigorosità del restauro. Il restauro termina nel 1987.

Nel 1987 intercorre una corrispondenza tra Giuseppe Sala e Giovanni Ferrari, in Ferrari SpA, per ottenere il rinnovo del certificato d’origine della casa madre di Maranello. La vettura è reimmatricolata il 31 luglio 1987 con targhe personalizzate MI 1F0275. Nel 1997 intercorre una corrispondenza tra Sala e Luca Matteoni, direttore marketing Ferrari e presidente sia del Ferrari Club Italia che del Ferrari orners club, in merito alla vettura. Nel 2004 l’auto è pubblicata nel libro monografico di Bruno Alfieri “Ferrari 275 GTB/GTS”, come esempio di GTS a tre posti. Nel 2006, Sala contatta l’esperto Ferrari Angelo Amadesi, per procedere ad un ulteriore restauro, nel rispetto dei parametri originali e con le informazioni corrette della casa madre.

Sebastian Vettel

Tra altri eventi, l’auto sfila nel 2019 sul circuito di Monza con Sebastian Vettel. Accompagna l’auto una completa documentazione, con i certificati d’origine Ferrari, corrispondenza e fatture. La vettura si presenta nella livrea originale Amaranto; gli interni, originariamente in pelle beige, sono ora in pelle crema. L’auto è matching numbers. Tra gli accessori, le ruote a raggi Borrani. La vettura è ora in perfette condizioni generali ed è certificata Ferrari Classiche.

Autodromo di Monza, 8 settembre 2019 / Sebastian Vettel saluta i tifosi dalla Ferrari 275 GTS. Foto: REUTERS

La Private Sale di Finarte, in collaborazione con Automotive Masterpieces, propongono importanti vetture in trattativa privata: oltre alla Ferrari 275 GTS, siamo felici di offrire ai collezionisti una Dino 246 GT del 1972, anch’esssa una perla rara; un trittico di Aston Martin Continuation per la prima volta proposte insieme in vendita e diverse vetture ex-Mille Miglia.

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