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Gio Ponti: anche Palazzo Bo parla il suo “codice”

Armonia nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto: la stessa armonia che appartiene a tutte le opere del grande Maestro

Nel 2022 l’Università di Padova ha riaperto le porte dello splendido Palazzo del Bo, dopo un importante lavoro di restauro. È stata così ridata alla luce, una seconda volta, l’imponente opera artistica del Maestro Gio Ponti, designer e architetto milanese che non ha bisogno di presentazioni, legato da un rapporto unico e irripetibile proprio con la prestigiosa università veneta.

Negli anni 1938-1943, infatti, nel corso della stagione di lavori edilizi che hanno interessato l’Università di Padova durante il rettorato di Carlo Anti, Gio Ponti fu incaricato dell’ideazione degli arredi destinati a Palazzo Bo e Palazzo Liviano. Tavoli, scrivanie, sedute, tavoli, armadi, scaffali, come anche le porte e i pavimenti, vennero tutti realizzati, nel corso di pochi anni, da ditte locali sulla base dei disegni realizzati da Ponti appositamente per l’Università.

Sono stati restaurati, tra il 2021 e il 2022, centinaia di questi oggetti; tutti arredi degli anni ’40 non musealizzati, ma collocati in spazi a tutt’oggi utilizzati come luoghi di lavoro, affrontati con rigoroso approccio filologico al fine di restituire forme, colori e finiture del progetto originario.

Nel mese di settembre 2023, Finarte ha avuto l’occasione unica di poter vedere questi ambienti in visita privata. Vincenzo Santelia, Amministratore Delegato, Ilario Scagliola, Responsabile Dipartimento di Design e Arti Decorative, e Salvatore Ferraiuolo, Coordinatore di Dipartimento, sono stati ricevuti dalla Pro Rettrice con Delega al Patrimonio Artistico Storico Culturale dell’Università di Padova, la Professoressa Monica Salvadori, che ha consentito un incontro di grande spessore artistico-culturale e realizzato un’occasione di scambio su un tema estremamente caro al Dipartimento: l’opera di Gio Ponti.

La visita nasce da uno scambio epistolare tra la Pro Rettrice e Ilario Scagliola, che ha sottoposto all’Università il suo saggio Comprendere Gio Ponti e la bellezza matematica delle cose.

Scagliola ha elaborato in questo testo una chiave di lettura innovativa, un’ipotesi di ricerca che gli ha permesso di decifrare un vero e proprio Codice Pontiano che ne sviscera l’opera dal punto di vista filosofico/intellettuale ma allo stesso tempo la disvela come qualcosa di concreto e misurabile.
È infatti arrivato a creare una griglia, unica nel suo genere, che consente di riconoscere le opere di Ponti attraverso una modalità che può essere definita scientifica.

Secondo il responsabile del dipartimento di Design e Arti Decorative, questo poteva proprio essere il modo con cui Gio Ponti realizzava la maggior parte delle sue opere: partendo da un’idea e con il suo stile ben definito, ragionava geometricamente per progettare trame di tessuti, edifici, mobili, complementi d’arredo. Non si trattava di una geometria casuale ma di una griglia ben precisa.

“Lavorava su questa griglia per disegnare così come proponeva di farlo per arredare”

(Domus 04/1938 n.124)

Attraverso un sistema di moduli e la mappa degli appartamenti visti dall’alto, Ponti suggeriva di ritagliare i propri arredi per posizionarli all’interno della mappa e “giocare” con i vari elementi, per identificare la soluzione più consona al proprio gusto. È stato quindi molto interessante, per Finarte, potersi confrontare su questa tesi con l’Università che è sicuramente uno dei massimi depositari di una conoscenza approfondita dell’operato di Ponti.

Oltre alle misure della griglia, è stato possibile ragionare anche sulle scale di colore utilizzate dal Maestro. Ogni scelta in termini di restauro (vernici, finiture, forme, colori, dettagli, misure), è stata presa a partire da un minuzioso riesame della ricca documentazione custodita presso l’Ateneo: l’Archivio storico dell’università conserva ancora infatti i disegni e i progetti di Gio Ponti. L’aspetto chiaramente più sfuggente è rappresentato dalle scelte cromatiche dei rivestimenti, genericamente indicate nei disegni (“rosso cupo”, “verde 35 34”, “bruno cupo testa di negro con profili cuoio naturale”): a guidare la scelta in questi casi sono state da un lato il riesame della tradizione Ponti, dall’altro lo studio delle palette di colori in voga all’epoca.

Anche su questi aspetti l’analisi di Ilario Scagliola può dare un prezioso contributo al modus operandi di Gio Ponti. Il Codice Pontiano emerge infatti nelle scale cromatiche utilizzate, che non sono mai frutto del caso ma di un rigoroso studio fatto di proporzioni perfette.

Attraverso forme, misure, materiali, colori e decorazioni ben precise, Ponti è in qualche modo riuscito a trasmettere una vibrazione che in qualche modo può essere paragonata a quella che c’è in Natura, capace di trasmettere armonia. Armonia che risiede nella progettazione, nella realizzazione e nella finitura di ogni oggetto. Anche Palazzo dal Bo parla questo codice, e nelle sue stanze si respira la stessa armonia, che di fondo appartiene a tutte le opere di Ponti.

Opere di Gio Ponti che Finarte è lieta di presentare anche nella prossima asta di Design e Arti Decorative, in programma il 15 e 16 novembre, insieme ad una splendida inedita collezione di epistolari privati del Maestro con Lidia Tabacchi, direttrice della rivista Novità a partire dalla fine degli Anni Cinquanta.

Un ultimo ringraziamento all’Università che ha permesso un confronto su un tema così interessante e ancora così poco approfondito, proprio nell’afflato del motto che la contraddistingue da secoli: Universa Universis Patavina Libertas – tutta intera, per tutti, la libertà nell’Università di Padova

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