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At auction on Wednesday 25 June 2025 at 10:30
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Specialist Notes
Quando si parla di Giambattista Bodoni si tende a sottolineare come tutto sia stato già detto e studiato. Perché l’importanza storica e l’assoluto rilievo artistico del tipografo parmense era ben nota già ai suoi contemporanei e dunque nessun particolare della sua ricca produzione è stato mai trascurato dagli studiosi del settore. Mostre, convegni, seminari, in Italia come all’estero continuano a celebrare la grandezza di un innovatore, che camminando nel solco della tradizione ha rivoluzionato - soprattutto dal punto di vista grafico - la stampa moderna, segnando uno spartiacque tra il prima e il dopo Bodoni.Ritrovare dunque documenti di questa portata e rilevanza, accuratamente raccolti da uno degli ultimi, immensi studiosi bodoniani, è una notizia non da poco. L’insieme si presenta raccolto in diverse cartelline e buste, spesso recanti un’indicazione generica ma puntuale sul contenuto. Sono materiali spesso raccolti in vista di pubblicazioni, come si legge in una delle buste “per il Bollettino Bod.”, destinati a ricerche da editare su rivista o magari a studi più ampi e compiuti. Un materiale che solo gli studiosi bodoniani sapranno adeguatamente valorizzare e contestualizzare, perché ricco, eterogeno ma anche complesso, laddove anche il singolo documento sembrerebbe rivelare una sua cruciale importanza. Importanza che però può essere colta solo se collocato nella giusta prospettiva storica, all’interno della storia di Bodoni e della sua tipografia.
L’archivio si compone di due cartelline (una è un semplice foglio protocollo a quadretti) e una busta riusata.Sulla prima cartellina, del Centro di Studi Grafici, si legge a penna: “Eredità della Vedova – Tentativi di vendita, con altre annotazioni cancellate.” All’interno un successivo foglio protocollo raccoglie quel che si legge in alto a destra “Doc. originali inediti sulla vendita della Coll.Bod.” I documenti all’interno si distribuiscono in ordine sparso, a volte raccolti entro altri documenti, altre volte in forma di semplici fogli sciolti. Cominciando a leggere, la prima nota su foglio volante datato 17 marzo 1795 recita, di pugno di Bodoni: “Perdoni di grazia il ritardo che ho frapposto nel riscontrarla…Ho intesa da questa che gli sono pervenuti unitamente alla sua lettera tutti que’ fogli che appartenevano agli opuscoli del vescovo di Anversa. A momenti deve qui passare il sig. Cantù, Corriere di S.M., col quale ho antica conoscenza, ed al suo ritorno da Roma vedrò di consegnarli li due tomi del Tasso che Ella desidera d avere con esatta sollecitudine. Io non ho altrimenti stampato il Telemaco, per cui hanno supposto a V.E. che ci vada il permesso di questa Real Corte per ottenerlo. Sarebbe mai in quella vece il Condillac…”. Seguono altre 4 carte di pugno di Bodoni, interessanti e ricche di particolari presumo inediti. Il resto delle carte si riferiscono a trattative sulla vendita della collezione bodoniana, condotte dagli eredi, nei decenni successivi la morte di Bodoni. Difficile darne conto, se non dopo un attento studio che sappia collocarli cronologicamente e storicamente.La seconda cartellina, realizzata con un foglio protocollo a quadretti, recita in alto: Importante Documenti-Estratti… Si apre con una lettera di Bodoni, datata Parma 12 gennaio 1808, indirizzata a le Maire de la Ville de Parme. Segue una successiva lettera datata 26 gennaio 1802 e indirizzata al Sig. Generale e Cugino dilettissimo. Quella che segue è una nota di incredibile valore culturale:"Eccellenza, lo apprendere l’arte tipografica non è cosa di facile riuscimento, come suol darsi a credere l’imperita gente, che ripone i Professori di questo mirabile ritrovato nel numero deli Operatori di un vil meccanismo. A quanti si sono offerti per aver luogo in questo reale stabilimento, cui ho l’onore di presiedere, ho fatto riflettere che senza un previo studio di Retorica non sarebbero mai riusciti che mediocrissimi ed inetti compositori. Se poi al torchio avean le mire rivolte, ho loro insinuato di incominciare in qualche altra officina impressoria, ove su lavori di niuna consequenza, quali sono le balette per la forma, o libriciattoli di niuna entità, potevano esperimentare se d’altri omeri soma e non da loro fosse riuscita la non indifferente fatica cui dee soggiacere diurnamente il torcoliere. Se la memoria mi assiste, parmi di aver ripetute già da mesi queste stesse verità al ricorrente Giovanni Zerbini [?], che non si capisce come non abbia proseguito nella incominciata carriera di Orafo e perché voglia ora darsi ad un’arte più difficile, più lunga ed assai meno onerosa. (…)” Una lettera di una pagina in cui si condensa tutto il valore, tutta la consapevolezza di una missione, ma anche tutta la difficoltà di un’impresa complessa e onerosa. Le decine di carte a seguire riguardano le trattative intercorse per la vendita della collezione bodoniana da parte della vedova Bodoni e dei figli.L’ultima busta, intestata alla Società Dante Alighieri, raccoglie una cartellina marrone dove si legge: 29 pezzi [in realtà risultano meno] Protostoria delle Raccolte Bodoniane tentativi di vendita della Vedova e degli eredi..e varie altre annotazioni anche all’interno del bifolio che raccoglie i documenti.La prima Annotazione recita: “Annotazioni. Le osservazioni dalle quali si trae un’idea della Suppellettile tipografica Bodoniana si veggono nel discorso e nella presentazione che precedono il Manuale Tipografico Bodoniano stampato nel 1818 in II volumi piccolo taglio. Oltre i Punzoni e le Matrici descritte nel presente riepilogo si intendono far parte della Collezione medesima le 147 (?) Forme di diversa dimensione le quali servono alla fusione de’ caratteri; nonché tutta la serie degli utensili e minori oggetti che richieggionsi per una ben fornita e regolare fonderia. (…)”. A seguire un bifolio tratta da un’agenda raccoglie “Curiosità, spigolature bodoniane. Inediti”, on diversi foglietti all’interno. Segue poi quello che sembrerebbe essere il più interessante documento tra i tanti conservati in questo piccolo ma denso archivio. Si tratta di sei pagine vergate su una metà di foglio, misurante 240 x 175 mm., da un’unica mano fine settecentesca. Trascrivo le prime righe dell’incipit: “Primieramente per l’erezione di questa nuova stamperia si richiedono tre torchj di legno sodo, e stagionato, come sarebbe di licino o di olmo, sua vite a tre denti di ferro, o di ottone, la Madrevite deve esser necessariamente di ottone, perché vien gettata sulla vite stessa; il piano sarà di metallo gettato , pietra ben piana, tellajo di ferro bene in quadratura, colla sua divisione nel mezzo pur di ferro perché se deve farsi lavoro in 4°, in 8° o in foglio si serra con più sicurezza la materia composta, ne si rischia di mandar in sfascio la forma nel levarla di torchio, e la spesa può ascendere a 60 zecchini per cadauno. 2°. Per fare 24 vantaggi inservienti a comporre….(…)”. Tutte le restanti pagine dettagliano in modo analitico gli acquisti da fare delle rispettive componenti utili a fondare una tipografia, specificando le varie voci di costo. Si tratta forse dell’atto "fondativo" della tipografia bodoniana? Non può questa scheda dare una risposta certa, ma sicuramente molti indizi lascerebbero intravedere una risposta positiva....
Questo, come tutto il resto, è materiale da studiare a fondo per aprire forse nuovi capitoli nella storia eterna della tipografia bodoniana.
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