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Fotografia: ICONE ITALIANE

mercoledì 18 Giugno 2025, ore 16:00 • Milano

55

Mimmo Jodice

(1934)

Vedute di Napoli, Opera 10, 1980

Diritto di seguito

Stima

€ 5.000 - 6.000

Lotto venduto

€ 4.902

I prezzi di vendita comprendono i diritti d'asta

Informazioni

Stampa alla gelatina ai sali d'argento, stampata anni 1980/1990
cm 29 x 16,5
Firmata e datata a penna nera al verso

Esposizione

Esemplare in collezione permanente al Museo di Fotografia Contemporanea, fondo Lanfranco Colombo, Cinisello Balsamo (MI)

Bibliografia

Mimmo Jodice, Senza Tempo, Skira, Milano, 2024, p. 62
Mimmo Jodice, Vedute di Napoli, Mazzotta fotografia, Milano, 1980, p. 46
Mimmo Jodice (Napoli 1934) si interessa di arte, teatro, musica ed esordisce da autodidatta in disegno e pittura. Ciò lo avvicina nei primi anni ’60 alla fotografia che svolge sperimentando materiali, codici, linguaggi immerso come era nel clima delle neoavanguardie: lo respira nelle gallerie di Amelio, Trisorio, Rulla e lo fa proprio frequentando artisti come Warhol, De Dominicis, Beuys, Kosuth, Kounellis. Allarga gli interessi prima all’antropologia e poi a una nuova definizione dello spazio urbano che resta, assieme all’indagine sul mito, il suo fondamentale contributo all’immagine non documentaristica ribadita in mostre, libri e in riconoscimenti come le due lauree in architettura honoris causa in Italia e Svizzera.

Un bel titolo di una recente mostra personale definisce bene la ricerca di Mimmo Jodice perché l’enigma della luce è la caratteristica che ci aiuta a comprendere quel particolarissimo fascino che emana da immagini come quelle qui proposte. Per comprenderle bisogna risalire ai tempi in cui Jodice, per sua stessa ammissione, avendo accettato che il cambiamento in cui aveva creduto negli anni ’70 non era possibile, attua una svolta insieme etica ed estetica che lo porta a mostrare una Napoli senza persone ma non senza anima. Quello che va cercando diventa così una ricerca di quanto lo spazio sa raccontare, come è ben evidente nell’immagine quasi raggelante dell’Albergo dei poveri dove quel letto di ferro messo di traverso attira l’attenzione con una intensa forza evocatrice. Il senso di atemporalità e quella strana luce che spesso si sprigiona dalle forme giocando con le ombre caratterizza la seconda immagine così potente nel suo rigore compositivo. Sono due opere che si collocano, in una perfetta anche se non immediata evidente continuità, con i primi lavori di ricerca quando Jodice più che altro intendeva fotografare le idee.

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