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Fotografia: ICONE ITALIANE

mercoledì 18 Giugno 2025, ore 16:00 • Milano

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Mario Giacomelli

(1925 - 2000)

Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961/1963

Diritto di seguito

Stima

€ 4.000 - 6.000

Lotto venduto

€ 14.010

I prezzi di vendita comprendono i diritti d'asta

Informazioni

Stampa alla gelatina ai sali d'argento, stampata anni 1970
cm 50,5 x 60,8
Timbro del fotografo al verso

Bibliografia

A. Crawford (a cura di), Mario Giacomelli, Phaidon, Londra, 2001, p. 225 (versione simile)
Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona 1925-2000) orfano giovanissimo di padre, lavora da garzone nella tipografia che nel dopoguerra acquisterà. Nel 1953 scatta la sua prima fotografia con una semplice Bencini Comet intuendo subito di potersi esprimere con la fotografia. Il supporto e le indicazioni di Giuseppe Cavalli, Paolo Monti, Luigi Crocenzi e Giuseppe Turroni lo fanno conoscere come una ventata di novità grazie a uno stile basato sui contrasti del suo bianco e nero ed a una sensibilità che lo porta a una visione espressionista del paesaggio e a un modo molto intenso di interpretare le liriche di grandi poeti come Leopardi, Cardarelli, Turoldo, Lee Masters. Moltissime le mostre esposte in tutto il mondo e i libri da lui realizzati.

Io non ho mani che mi accarezzino il volto è il lavoro più noto e apprezzato perché contiene, nel bianco accecante della neve su cui si staglia il nero delle tonache dei seminaristi, le caratteristiche più evidenti dello stile di Giacomelli. Bisogna però studiarla bene questa immagine perché il contrasto più che estetico è metaforico mettendo a confronto l’allegria spensierata dei protagonisti e la solitudine affettiva che li aspetta. Non bisogna poi dimenticare che qui si rivela il vero animo del fotografo di Senigallia, quella di essere un raffinato interprete della poesia, in questo caso della lirica omonima di David Maria Turoldo. Decisamente affascinante Scanno (unica fotografia italiana presente nella mostra “The Photographers Eye” del 1964 al MoMA) è un vero e proprio esercizio di stile compositivo: alle due donne che in primo piano attraversano diagonalmente lo spazio si contrappone, in un geniale spostamento prospettico, la figura del bambino che avanza frontalmente verso l’obiettivo.

 

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