Documento pergamenaceo di 53 carte di cui due bianche (106 pp. in totale), in 4°, 255 x 170 mm., sottoscritto nel Palazzo Ducale di Venezia il 1 di ottobre 1509, in fine una Tabula Presentis Commissionis divisa in duas partes, prima carta con elegante bordura a motivi floreali dipinti in oro, rosso, verde, blu e violetto, tre medaglioni contenenti il Leone di Venezia, lo stemma della famiglia Moro, un'immagine di Cristo con un francescano, testo vergato in una elegantissima scrittura corsiva racchiusa entro uno specchio di scrittura rigato in rosso, legatura in pelle coeva con cornici a secco ai piatti e decorazioni in oro in stile Aldino, con palmette, fiori, losanghe etc.Ex libris al contropiatto: "Caroli Vicecomitis Caburri March.nis".
Note Specialistiche
Rara e affascinante commissione dogale inerente una Muda a Baruthi [Beirut] affidata al Capitano Giovanni Moro e patrocinata da Pietro Antonio Morosini de Giusto, Pietro Polani de Giacomo e Battista Boldù de Antonio. Il testo si compone di 198 capitoli, i primi 87 in latino i successivi in veneziano, con incipit: "Non è salvo che ben proveder che le galie nostre siano mandate alli viazi consueti et perho. Landara parte che cum el nome de Christo sancto et in bona gratia siano poste et deputade al viazo de Barutho galie...". Interessante la datazione: la muda si svolge infatti a distanza di appena 4 mesi dalla tremenda sconfitta di Agnadello (17 maggio 1509) che aveva portato alla perdita quasi totale della terraferma veneta. In un annus horribilis quale il 1509, i veneziani riuscivano comunque a non distogliere l'attenzione dai traffici commerciali, loro vera forza e fonte di ricchezza e prestigio internazionale. A Venezia le mude erano organizzate dallo Stato e si distinguevano dalle imprese mercantili completamente private per il fatto di essere guidate da comandanti della Repubblica, in questo caso Giovanni Moro, e di rappresentarne ufficialmente gli interessi nei mercati levantini. Le mude prendevano il nome dalle principali regioni nelle quali operavano (Muda di Siria, Muda d'Egitto, etc.) e il termine stesso (muda, cioè muta) traeva spunto dalla loro periodicità (gli arrivi e le partenze avvenivano in determinati periodi dell'anno), simile a quella degli uccelli migratori. Tali viaggi, nati nel XIII secolo, furono via via regolarizzati nel corso del Trecento, divenendo di voga nel Quattrocento per terminare nella prima metà del Cinquecento. Dopo il 1372, cacciati da Cipro per la conquista genovese di Famagosta, i Veneziani fanno di Beirut il capolinea della muda "di Cipro": ogni anno vi vengono inviate da tre a sei galere, mentre Alessandria ne accoglie in media soltanto tre. Verso il 1400 gli investimenti veneziani in Egitto e in Siria arrivano per le sole spezie a più di 400.000 dinari. La commissione descrive dettagliatamente i termini economici della muda in questione, offrendo interessanti spunti di storia economica mercantile veneziana. Si descrivono i noli, i depositi dei Patroni, i loro obblighi nelle diverse tappe, gli obblighi degli ammiragli etc. Un puntuale regolamento da applicarsi ad ogni possibile evenienza, a dimostrazione di quanto fosse scientificamente ordinato e organizzato il commercio a Venezia. Tutto ciò sino ai primi decenni del '500, quando l'apertura delle nuove rotte atlantiche a seguito della scoperta dell'America avrebbe spostato il baricentro degli affari lontano dal Mediterraneo. Intrigante documento commerciale che riveste una VALENZA POLITICA se calato nel contesto storico: nel 1509 Venezia rischiava di perdere la propria indipendenza ma non per questo rinunciava ai suoi traffici moderni.Lotto dichiarato di notevole interesse storico dalla Sovrintendenza Archivistica del Lazio
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