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Opere dalla Collezione di Bruno Mantura

martedì 23 marzo 2021, ore 15:00 • Roma

112

Arturo Viligiardi

(Siena 1869 - Alessandria 1936)

"Siena - In sacrestia", 1907

Stima

€ 500 - 800

Lotto venduto

€ 768

I prezzi di vendita comprendono i diritti d'asta

Informazioni

olio su tela
cm 75 x 62
Sul retro, sulla tela, intitolato, dedicato e datato: Siena - In sacrestia. / Arturo Viligiardi all'amico / Galileo Barucci - per ricordo - / 21-5-1907.

Formatosi nell'ambiente purista senese dominato dalle figure di Alessandro Franchi e Luigi Mussini, Arturo Viligiardi giunge nel 1888 a Roma dove lavora nel cantiere degli affreschi del Senato accanto a Cesare Maccari, maestro che seguirà poi sia a Genova per la decorazione della cappella della Consolazione sia nel santuario di Loreto, subendone una marcata influenza. Molto attivo soprattutto tra Roma e la Toscana nella pittura sacra e nella decorazione di edifici religiosi, a partire dalla metà degli anni Novanta Viligiardi mostra nella sua produzione una decisa virata in direzione simbolista, particolarmente evidente in opere come Sul calvario (1894, collezione privata), Il purgatorio (1895, ubicazione ignota), o Parabola delle vergini (1895, collezione privata)[1],vaste tele che si caratterizzano per l'audacia del taglio compositivo e degli effetti luministici e in cui il tema sacro è interpretato con sensibilità visionaria.

Profondamente imbevuto di umori simbolisti è anche Siena - In sacrestia, tra i pochi esempi noti della sua pittura di cavalletto. Se la materia pittorica densa e la pennellata larga, libera e scomposta mostra chiaramente la riflessione sull'esperienza di Antonio Mancini e, più ingenerale, sulla produzione artistica napoletana di fine secolo, che Viligiardi aveva potuto conoscere in maniera approfondita durante un soggiorno a Napoli nel 1899,di notevole interesse e originalità è l'impaginazione della scena: un dettaglio ravvicinato – di gusto pienamente simbolista – di un interno di sacrestia, con cinque giovani che portano ceri accesi raccolti intorno alla base di un candeliere processionale su cui si avvolgono rami d'olivo. L'inquadratura dell'immagine, con le quattro teste viste di spalle o di profilo e di cui cogliamo solo alcuni dettagli dei capelli e del volto, mostra una chiara riflessione sul linguaggio fotografico, in quegli anni al centro dell'interesse degli artisti più aggiornati. Dell'ambientazione retrostante, forse dei tendaggi, poco si evince mentre a catalizzare l'attenzione è il viso del quinto ragazzo  che, parte in piena luce e parte avvolto in una suggestiva penombra, guarda fisso verso lo spettatore. Uno sguardo carico di mistero che porta con se sia l'inquietudine dei ritratti di Mancini che le tensioni spiritualiste d'inizio secolo.

Il dipinto è dedicato a Galileo Barucci, professore di disegno in diversi istituti piemontesi, autore di  disegni e rilievi per volumi illustrati (Il castello di Vigevano nella storia e nell'arte, Vigevano 1909, Casa Cavassa in Saluzzo, Saluzzo 1912) e di numerosi manuali di disegno e storia dell'architettura per le scuole.

Sabrina Spinazzè

[1] Le opere sono riprodotte in Siena tra purismo e Liberty, catalogo della mostra, Siena, Museo Civico, 20 maggio - 30 ottobre 1988, pp. 53-54.

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