Storie

Una “Divina” ossessione: Manfredo Manfredini e Solomija Krusel’nyc’ka

Un tranquillo giorno d’aprile un uomo si introduce furtivamente nel Grand Hotel et de Milan, nel capoluogo lombardo, nel tentativo di avvicinare una delle ospiti più rinomate dell’albergo

Fermato dagli inservienti dopo una colluttazione viene perquisito: indosso gli vengono trovati un coltello, una rivoltella, carica, e un flacone di vetriolo, un acido in grado di provocare dolorose ustioni. La polizia lo identifica facilmente: non era la prima volta che il giovane mostrava i segni di una pericolosa ossessione nei confronti della donna. Era già stato fermato in passato, aveva ricevuto dei fogli di via proprio per quel morboso desiderio che lo consumava. Il giovane viene quindi arrestato e, dopo una breve permanenza in carcere, giudicato insano di mente e ricoverato in manicomio in Brianza. La donna si salva, ma il giovane morirà in quello stesso manicomio, di tubercolosi, quaranta giorni dopo, a soli venticinque anni. È il 1907, l’uomo si chiama Manfredo Manfredini ed è un pittore in quel momento alle prese con un’impresa artistica notevole: illustrare la Divina Commedia di Dante. Tre anni prima aveva ricevuto il prestigioso incarico, nonostante la giovane età, dall’editore Giuseppe Nerbini di Firenze: il progetto era di realizzare un’edizione più popolare del capolavoro dantesco rispetto alla contemporanea e più lussuosa di Alinari illustrata dai più celebri artisti dell’epoca. L’edizione Nerbini è pubblicata a fascicoli, con le tavole di Manfredini a riassumere in un’immagine alcuni passaggi del poema. La scelta di Manfredini ricade spesso su terzine meno celebri ma dalle quali può ricavare composizioni stranianti di grande impatto visivo: in esse le figure sono immerse in scenari alienanti dai quali vengono quasi annullate.

Lotto 487. Manfredo Manfredini, Divina Commedia – Inferno, Canto 7, 1907. Stima € 600 – 1.000

L’illustratore rifugge infatti i neri profondi delle più famose tavole del francese Gustave Doré: il suo Inferno è fatto di chiaroscuri e spazi vuoti e figure allungate e severe. Con la sua morte lascia l’impresa a poco più di metà, interrompendosi al XXV Canto del Purgatorio, costringendo Nerbini a trovare un sostituto per completare l’opera. La scelta ricade così sul napoletano Tancredo Scarpelli, privo però dell’inventiva a metà tra simbolismo e più moderna sintesi compositiva di Manfredini.

Lotto 492. Manfredo Manfredini, Divina Commedia – Inferno, Canto 17, 1907. Stima € 600 – 1.000

E la donna sopravvissuta al suo tormentatore? Il suo nome è Solomija Krusel’nyc’ka, all’epoca una delle più osannate cantanti liriche della scena europea. Dopo la formazione nella nativa Ucraina, Krusel’nyc’ka si reca in Italia per perfezionare la sua tecnica: negli anni riscuote grande successo specialmente nelle sue interpretazioni del repertorio pucciniano. Il suo talento è tale che lo stesso Giacomo Puccini le chiede di interpretare la protagonista nella nuova versione della Madama Butterfly: la sua performance contribuisce a risollevare le sorti dell’opera, che aveva aperto con un fiasco pochi mesi prima, consacrandola definitivamente. Questo trionfo avviene nello stesso 1904 in cui Nerbini aveva dato l’incarico a Manfredini. L’illustratore comincia ad assistere a svariate serate della soprano, seguendola in tournée nelle numerose tappe italiane, cominciando a scriverle sconclusionate lettere d’amore. Impossibile non vedere un’eco di uno dei ritratti fotografici più diffusi di Krusel’nyc’ka nella Beatrice del II Canto dell’Inferno. La donna sognata da Dante si sovrappone nella china di Manfredini alla stella della lirica da cui l’artista era ossessionato: stessa posa, con il braccio abbandonato lungo il fianco, e identica curva del collo.

Lotto 481. Manfredo Manfredini, Divina Commedia – Inferno, Canto 2, 1907. Stima € 600 – 1.000. Fotografia di Solomija Krusel’nyc’ka

Krusel’nyc’ka, sopravvissuta al tentativo di aggressione di Manfredini, continuerà la sua brillante carriera internazionale, amata da Arturo Toscanini, apprezzata dalla critica che la incorona “Primadonna wagneriana”, destinataria persino di un’ode di Gabriele D’Annunzio. Oggi è considerata una delle più importanti cantanti liriche del XX secolo nonché una delle donne ucraine più famose, tanto che il suo paese natale le ha dedicato un francobollo.

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